di Fabio Regazzi *
Immaginiamo un futuro in cui il nostro livello di consumo e benessere si riducesse drasticamente, a tal punto da assomigliare a quello di paesi con risorse estremamente limitate, come il Bangladesh, l'Angola o il Burundi. Nazioni che vivono quotidianamente con un basso livello di risorse, dove la povertà è una realtà tangibile.
Con l'iniziativa sulla responsabilità ambientale, che propone di non superare i limiti planetari entro dieci anni, la Svizzera si incamminerebbe sulla stessa strada: la proposta di ridurre drasticamente il nostro consumo, di limitare gli importi e le risorse a livelli irrealistici, porterebbe infatti ad un impoverimento generale della nostra società. Intendiamoci: non giustifico le disuguaglianze tra popolazioni o le ingiustizie che portano certi paesi ad avere livelli di ricchezza diversi. Riconosco anche la necessità di agire a tutela dell’ambiente. Ma è anche inutile riempirsi la bocca di finto buonismo: il nostro stato di benessere è costruito su un equilibrio che non siamo pronti a sacrificare.
Viviamo in una realtà in cui benessere e consumo sono strettamente legati, e rinunciare al nostro attuale livello di risorse significherebbe dire addio a una parte significativa della qualità della vita che oggi diamo per scontata. Per raggiungere gli obiettivi di questa iniziativa, dovremmo rinunciare al 67% del nostro attuale consumo. Questo significa prezzi più alti, un accesso limitato a beni e servizi, restrizioni sulla mobilità e sulle nostre libertà in generale.
Questa idea di ridurre le risorse a livelli estremamente bassi è una proposta irrealizzabile e manca di un piano chiaro e misurabile. Ma non solo: sarebbe anche una forma di impoverimento strutturale. Non possiamo considerare un basso consumo come una virtù. Al contrario, è una condizione di povertà. L'iniziativa non risolve i problemi ambientali, ma rischia di spostarli altrove, senza apportare miglioramenti concreti.
Se vogliamo davvero tutelare l'ambiente e il benessere delle future generazioni, dobbiamo concentrarci su soluzioni realistiche e sostenibili, senza sacrificare la nostra qualità della vita e quella delle future generazioni. Il vero cambiamento richiede progresso tecnologico e innovazione, non un ritorno al Medioevo.
* Consigliere agli Stati e Presidente USAM