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03.12.2015 - 23:240
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

«Clima, un problema più grosso del terrorismo. Scherziamo col fuoco»

Matteo Buzzi di Greenpeace Ticino spiega gli obiettivi e l'importanza della Conferenza sul clima in corso a Parigi. «Rischiamo di lasciare un brutto clima alle generazioni future»

BELLINZONA - Quella in corso a Parigi è a detta di molti la più importante conferenza sul clima mai tenutasi. Obiettivo? Trovare un accordo che permetta di far sì che la temperatura mondiale si stabilizzi a soli 2° in più rispetto ai livelli precedenti la rivoluzione industriale. Ne abbiamo parlato con Matteo Buzzi di Greenpeace Ticino.Ci sono stati in questi giorni molti proclami, lei pensa che rimarranno solo parole o si giungerà a qualcosa di concreto?«Al momento sono parole, ma la conferenza è appena iniziata. Le premesse della vigilia erano articolate però non sufficienti. Non sono molto ottimista».Quali sono gli obiettivi da raggiungere per salvaguardare il pianeta?«In generale gli studiosi del clima hanno stabilito la soglia dei 2° in più rispetto a prima della rivoluzione industriale, è però difficile che ce la si faccia a causa degli interessi in gioco, soprattutto di una piccola parte del mondo. Rischiamo di arrivare a un aumento di 4-5°, con conseguenze economiche impensabili. Il tutto va valutato a lungo termine. Si devono sostituire le energie fossili con quelle rinnovabili entro il 2050. A questo proposito come Greenpeace abbiamo divulgato in ogni paese un rapporto dal titolo "La rivoluzione energetica", dove spieghiamo come agire».Parlando in particolare della Svizzera, quali sono gli obiettivi? Avverte disponibilità a occuparsi del problema?«L'obiettivo è il medesimo, eliminare le energie fossili entro il 2050: ovvero benzina, gasolio, olio per riscaldare, e passare a produrre energia rinnovabile, dal sole, dal vento, col geotermico. Le dichiarazioni di Doris Leuthard mostrano proposte ambiziose ma non sufficienti. Servirebbero misure concrete che adesso non ci sono. La tassa sull'anidride carbonica, per esempio, è troppo bassa e colpisce solo il carburante per il riscaldamento e non quello per i trasporti. C'è tanto da fare, ricordiamoci che la Svizzera è uno dei paesi con le emissioni pro capite più alte al mondo».Nel caso non si riuscisse a intervenire, quali sarebbero le conseguenze?«Qualche indizio c'è già. Si avrebbe un clima più estremo, con uragani, tempeste, temporali. In alcune regioni del mondo l'uomo potrebbe adattarsi ma non dappertutto. Si alzerebbe il mare per cui intere coste scomparirebbero, provocando lo spostamento di centinaia di milioni di persone. E vediamo già attualmente quanti problemi dà la migrazione, seppur di dimensioni molto più ridotte. In Svizzera si scioglierebbero i ghiacciai, e avremmo un regime climatico diverso, con estati più calde, canicole più pronunciate, molto più forti di quelle dell'estate appena passata. Si scherza col fuoco, rischiamo di lasciare un clima non bello per le generazioni future».Hollande ha detto che il clima è un problema grave quanto il terrorismo, concorda?«È più grave del terrorismo, poiché coinvolge ogni angolo della terra».Parigi ultima chiamata?«Confidiamo e speriamo in Parigi, il futuro è nelle mani dei politici che sono lì. Il clima cambia in periodi lunghi, si può agire prima di trovarsi con l'acqua alla gola, però bisogna fare qualcosa, non abbiamo 10-15 anni di tempo per iniziare ad agire. Non darei troppa importanza alla conferenza, ma da qui ai prossimi decenni qualcosa di concreto e incisivo va fatto. Non è l'ultima chiamata. Oltretutto quelle della conferenza sono promesse generali, bisognerà eventualmente vedere come gli accordi, che dovranno essere per forza vincolanti, sarebbero applicati nei vari paesi, perché si sa che tra il dire e il fare... Mi auguro sia un punto di partenza, e che i politici che sinora si sono occupati di terrorismo e conflitti armati pensino al clima».
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