di Mirko Rainer
A tavola si prova, si sperimenta e si condividono nuove emozioni gastronomiche. Capita spesso che gli amici ti facciano scoprire un nuovo mondo di gusti che ti colpiscono a tal punto da spingerti poi a integrarli nelle tue ricette e rivisitazioni. Uno di questi è stato Ielpoman, un caro amico lucano, nonostante il soprannome anglofono, che mi ha fatto conoscere il famoso “oro rosso della Lucania”, ovvero il peperone crusco. “Crusco” (termine dialettale della Basilicata, che mette a dura prova la mia caratteristica “r” altoatesina) vuol dire croccante perché scrocchia in bocca. È uno di quegli ortaggi che, come molti altri, giunsero in Europa dalle Antille alla fine del Cinquecento grazie a Cristoforo Colombo.
Piccoli, dolci, di forma allungata e a basso contenuto di acqua (dal 1996 una I.G.P. - Indicazione Geografica Protetta), vengono prodotti nel comune di Senise. Raccolti in estate e infilati con ago e filo a formare delle collane, sono poi fatti essiccare al sole, molto spesso sui balconi delle case. Il crusco è un peperone dal sapore unico, che rimane croccante anche dopo la cottura. Un ingrediente molto versatile che può essere fritto in padella e gustato come contorno, in abbinamento al baccalà o come aperitivo. Nella cucina del Sud Italia non può mancare in forma di polvere come insaporitore dei piatti.
Qui al Montalbano, a me e ad Andrea (ndr. Andrea Bertarini, chef del Ristorante) piace proporlo su uno spaghetto di Gragnano con ragù di coniglio. Un tocco di croccante dolcezza che racchiude tutto il calore e il colore del sole.