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Cronaca
30.10.2015 - 20:180
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40

Merlini, «Widmer-Schlumpf doveva essere più prudente. Al suo posto vorrei... »

Il Consigliere Nazionale PLR analizza l'operato della Consigliera Federale uscente. «Il voler essere sempre i primi della classe ci ha punito dal punto di vista dei negoziati. Per quanto riguarda gli accordi con l'Italia, le do appena la sufficienza»

BELLINZONA - Giovanni Merlini analizza gli anni di Eveline Widmer-Schlumpf in Consiglio federale, e svela anche il nome del suo preferito nella rosa dei possibili successori.Come giudica in generale gli anni in Consiglio federale di Widmer-Schumplf?«Si è trovata a operare in un contesto estremamente complicato come ministra delle finanze, con le decisioni dell'OCSE di accelerare il passaggio verso lo scambio prima volontario poi automatico di informazioni e quindi anche superare la possibilità di un modello Rubik. Il suo compito non era facile, poteva gestire alcuni dossier con maggiore cautela, penso allo scambio automatico, alla lotta al riciclaggio e alla criminalità organizzata. Avrebbe potuto essere più attendista e aspettare l'applicazione da parte degli altri stati per vedere se avessero fatto quanto promesso, mentre il voler essere sempre i primi della classe, perfezionisti, ci ha messo in una condizione difficile dal profilo negoziale, non potevamo più chiedere molto ad altri Stati come l'Italia. Sui dossier ha sempre però dimostrato una grande competenza, una conoscenza tecnica notevole. Dal profilo politico è sempre stata debitrice al centrosinistra che l'aveva eletta e confermata, e questo dovere di riconoscenza si è visto nelle scelte di accelerare alcune procedure, quando sarebbe stato auspicabile rallentare per vedere cosa accadeva a livello internazionale».La Lega le imputa la fine del segreto bancario: concorda?«La fine del segreto bancario a livello internazionale, soprattutto per i cittadini residenti all'estero, è imputabile a lei. Bisogna però vedere con un altro tipo di tattica quanto tempo avremmo potuto resistere: probabilmente, ma è una mia ipotesi, ci saremmo arrivati comunque perché le pressioni internazionali erano forti, così come la minaccia di rimanere nelle liste grigie e nere che ci danneggiano molto come accesso ai mercati. Si poteva rallentare il processo. Ricordiamoci comunque che lei ha fatto un tentativo di chiedere al Consiglio federale (che l'ha bloccata) di abolirlo anche a livello nazionale, e questo non mi è piaciuto, non aveva nessun motivo e nessun tipo di pressione esterna. Così come in seconda battuta ha convinto il Governo a opporsi all'iniziativa popolare che vuole ancorare la sfera privata nella costituzione, e anche questo non l'ho apprezzato, non ci sono pressioni internazionali che la obbligavano ad agire in questo modo, una scelta deliberata senza giustificazioni».Parlando di negoziati con l'Italia, ha fatto gli interessi del Ticino?«Diciamo che il giudizio qui deve essere un po' sfumato. Dobbiamo ricordarci che i negoziati con l'Italia sono stati avviati soprattutto per aggiornare la Convenzione sulla doppia imposizione ed era importante poterla aggiornare perché l'Italia aveva contemporaneamente avviato il programma di ravvedimento spontaneo (la voluntary disclosure, ndr.) dei suoi contribuenti con conti in Svizzera. Gli interessi ticinesi sono in particolare per l'altro aspetto, più limitato come importanza finanziaria, cioè quello sui frontalieri. I ticinesi chiedevano di aumentare la parte che rimane alla Svizzera e quindi al Ticino e l'obiettivo è stato raggiunto anche se qualcuno ritiene che si poteva ottenere di più. Quello che non è stato ottenuto è un impegno vincolante da parte dell'Italia a passare all'imposizione ordinaria dei frontalieri entro un tempo ben determinato: parlano di breve lungo termine, ma può voler dire anche 20 anni. Si doveva esigere con fermezza un lasso di tempo di 5 anni. Dal profilo dei negoziatori c'è stato in questo caso un po'di debolezza. Sul trattato con l'Italia non me la sento di bocciarla completamente, siamo al massimo sulla sufficienza. Col senno di poi si può dire che se la squadra dei negoziatori fosse stata composta da qualche ticinese in più che conosce la mentalità italiana si poteva ottenere qualcosa di più, ma col senno di poi è difficile dirlo».Couchepin ha detto che difficilmente si troverà un Consigliere federale UDC con le stesse competenze, cosa ne pensa?«Dipende cosa si intende per capacità. Se si pensa a quella materiale sui singoli dossier può aver ragione, ma non si tratta solo di avere un Consigliere competente dal profilo tecnico ma anche politicamente avveduto, che sia un po' più prudente nel muoversi soprattutto sul piano internazionale, oltre che a livello di alcune scelte nazionali. È importante avere una candidatura seria, qualcuno disposto ad accettare le regole della collegialità governativa, quindi disposto a inserirsi bene nella squadra che governa, che collabori e che sia una persona valida anche dall'aspetto linguistico, magari che sappia anche l'italiano. C'è il nome di Heinz Brand, grigionese, che da quanto ho visto anche in Commissione può essere una persona disposta ad accettare le logiche del Consiglio federale, e conosce l'italiano: fra quelli che ho sentito sinora mi pare il più idoneo, magari usciranno altri nomi».
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