Cronaca
12.11.2015 - 19:300
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40
Marco Masini, «con gli anni la rabbia scivola via. La Svizzera mi dà serenità»
In concerto il prossimo 17 novembre a Lugano, Marco Masini si racconta in esclusiva. «Cosa voglio insegnare con le mie canzoni? Nulla, solo trasmettere emozioni. Vedo un'Italia in crisi, in cui i politici sono fragili»
LUGANO - Marco Masini è da sempre un cantante controverso. Non si è mai accontentato della rima "sole, cuore, amore" e dei temi facili, attirandosi persino la fama di jettatore da chi non ha voluto o saputo capirlo, amato dai fans che sono cresciuti con la sua voce. Senza peli sulla lingua, si è raccontato, a pochi giorni dal concerto a Lugano del 17 novembre.
Soprattutto nei tuoi primi testi cantavi la tua generazione?«Raccontavo quello che stava succedendo in quel momento. Cercavo di rappresentarlo a 360 gradi, toccando la mia generazione ed anche quelle prime e dopo. Era il momento ad essere difficile. C'erano fragilità e paura perché si veniva da anni bui, si stavano sperperando i soldi negli anni '80 sino ad arrivare a Tangentopoli, con quindi una moria generale di punti di riferimento, con molta confusione soprattutto politica e sociale».
Sei stato in qualche modo profetico, cantando vent'anni fa il mondo di oggi: chi non ti ha capito non ha voluto vedere come sarebbe stato il futuro o ha semplicemente chiuso gli occhi?«Nessuna delle due. Credo che un artista piace o non piace. La musica è più leggera per certi versi, io non sono né un profeta, né un poeta, né un politico, sono soltanto un cantante. Il mio pubblico è molto eterogeneo e composto da minimo due o tre generazioni, questo mi gratifica e responsabilizza tantissimo».
Nella tua canzone forse più famosa, "Vaffanculo", si avverte tanta rabbia. C'era già o è nata da alcune voci feroci della critica nei tuoi confronti? È forse più delle altre un inno a essere sé stessi, oltre che la tua storia?«Era una rabbia generale. Bisognava trovare il modo di tirarla fuori e di urlarla, sono riuscito in qualche modo di averlo fatto anche a nome di altri e ne sono orgoglioso. Ogni canzone è un inno a essere sé stessi, siamo noi che ci crediamo e quando crediamo in qualcosa ci sentiamo noi stessi. In quel testo c'è la storia di tutti».
Hai un carattere solare, ben diverso da quella rabbia. C'è un contrasto fra come sei e i tuoi testi?«Ora canto testi diversi. Negli anni '90 ero in lotta con il mondo perché volevo provocare per far succedere e cambiare qualcosa, poi si cambia, si diventa cinquantenni, e si cambia modo di essere, di fare, di scrivere, di parlare e di cantare, e dunque anche atteggiamento comportamentale, in tutti i sensi. Magari si diventa più maturi e più saggi, e sicuramente la rabbia scivola un po' di dosso lasciando spazio alla consapevolezza».
Ad un certo punto avevi smesso a causa delle voci che ti davano dello jettatore. Come hai vissuto quel periodo?«Non ho deciso per quello, bensì perché c'erano problemi oggettivi a trovare un contratto discografico, ero come un operario che non trova lavoro. Ho vissuto quel periodo con coraggio, senza arrendermi. Non ho mai mollato, credo non si debba mai farlo nella vita. Ora guardo al futuro, con occhi nuovi e voglia di sperimentare e di lavorare sul mio modo di essere e su quello che farò. Penso alle canzoni che scriverò e quello che succederà domani».
Qui ci lanci un assist... cosa succederà domani?«Uscirà un album, entro un anno, di inediti con musica e testi nuovi, un Masini 4.2 che si evolverà come lo ha fatto la sua vita».
In "L'Italia", che hai portato a Sanremo, c'era una denuncia sociale che nessuno osava ancora cantare. Come vedi l'Italia di adesso? E la Svizzera?«Vedo un'Italia in difficoltà, ovviamente, soprattutto dal punto di vista politico. Prima c'era un equilibrio grazie a una mancanza di comunicazione, e di conseguenza certe cose non si scoprivano. Una volta erano i giovani a essere fragili, ora lo sono maggiormente i politici. Ho una visione molto positiva della Svizzera, con molto ordine e molta serenità e tranquillità. A me piacciono le cose ordinate e dove c'è rispetto per gli altri, sono felice di venire perché mi dà un senso di serenità».
Parli spesso di ragazzi cresciuti con le tue canzoni, cosa credi o speri abbiano imparato da esse?«Niente perché le mie canzoni non sono né Vangelo né cose da imparare, sono solo emozioni da condividere. Si deve imparare da quello che dicono i genitori secondo me».
Qual è la canzone che hai scritto che rappresenta di più Marco Masini?«Le canzoni mi rappresentano tutte al massimo. Forse "Caro Babbo", perché parla a mio padre e sicuramente c'è un po' più di emozione nel sentirla e nel cantarla».