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Cronaca
14.12.2015 - 14:460
Aggiornamento: 21.06.2018 - 14:17

Romano, scende in campo "il figlio di Mendrisio". «Ma il nome forte è quello di Croci»

Il Consigliere Nazionale fa parte di una lista forte presentata dal PPD per le comunali. «Io successore di Carlo? Non mi piace pianificare, ora voglio aiutarlo»

MENDRISIO - Dopo l'ottimo risultato delle federali, si è messo a disposizione della sua Mendrisio. Marco Romano, al terzo tentativo, è candidato per il PPD per l'Esecutivo del suo paese cui è molto legato.Con che ambizioni si candida?«Assolutamente non per fare il sindaco. In carica c'è una persona che stimo tantissimo, che mi ha avvicinato alla politica quando ero diciottenne, che mi ha insegnato molto: per me non entra in discussione candidarmi per mettere in difficoltà Carlo Croci, anzi voglio sostenerlo e permettere al PPD di conservare i suoi tre seggi. Operare nell'esecutivo di Mendrisio è la chiusura di un cerchio, il mio obiettivo quando iniziai».Ma si vedrebbe come successore di Croci?«Non ho mai apprezzato il pianificare le carriere, oggi è sempre più difficile farlo, visto che decidono gli elettori per te. Non rientra dunque nei miei pensieri. Vedremo se mi eleggeranno in Municipio e che cosa succederà nei prossimi anni. Credo di aver acquisito un po' di esperienza e un po' di contatti a Berna che possono essere utili alla Città, che deve mostrarsi forte sia a livello cantonale che federale (penso alla questione della pianificazione ospedaliera). Tante problematiche sono collegate anche alla politica federale, penso ai trasporti, alle strade cantonali, alle FFS, alla SUPSI che arriva, alla sicurezza. Voglio metterli a disposizione, ma non entro assolutamente, eventualmente, in Municipio per diventare sindaco».Il PPD ha messo in campo una lista forte (in corsa anche l'uscente Piermaria Calderari, Manuel Aostalli, Paolo Danielli, Francesca Luisoni e Gabriele Serena).«Sì, lo è, con tutte persone che fanno politica da anni, molto conosciute a Mendrisio. Si è forti poi nella misura in cui gli elettori ti sostengono. Non esagererei a dare importanza alla mia candidatura, il nome veramente forte è quello di Carlo Croci. Non nascondo che avevo già dato la mia disponibilità sia sette anni fa che tre anni fa, e in entrambi i casi la mia presenza avrebbe creato qualche imbarazzo, ora c'è una situazione in cui si libera un posto e si rischia di perdere un seggio, dunque mai come in questo momento il mio nome, che non definirei forte ma conosciuto, può servire. Non è mia volontà andare contro Croci, voglio solo entrare nell'esecutivo, esperienza che mi è nuova. Mi sento veramente un figlio di Mendrisio, vi sono nato e cresciuto e se sto via più di una settimana mi manca, conosco tantissima gente e arrivare in Municipio sarebbe un sogno».Temete l'avanzata della Lega anche nel Magnifico Borgo?«Non è un temerla, però le cantonali e le federali parlano chiaro, la Lega è forte. Bisognerà vedere se si confermeranno alle comunali, io non parto avendo paura di qualcuno ma con l'obiettivo di confermare Carlo Croci sindaco e di avere altri due Municipali con lui».Che temi porterete, come PPD, in campagna elettorale?«Sicuramente la Mendrisio che si vede oggi. Negli ultimi quindici anni è passata da un comune medio di 6mila abitanti ad una città di 16mila abitanti, in espansione economica e in altri ambiti. È arrivata l'Accademia di architettura, arriverà la SUPSI, è una città che sta rivedendo la sua mobilità. Secondo me è in crescita rispetto ad altre realtà più in difficoltà nella regione, l'obiettivo è mostrare ai cittadini cosa si è fatto ed anche che ci sono dei problemi. La mobilità, per esempio, e la zona industriale che si può ridisegnare, rivedendo il comparto di San Martino per portare un gettito che permetta nuovi investimenti. Il nuovo comparto della stazione diventerà un nuovo quartiere, c'è la volontà di far vedere cosa è aperto».Si rimprovera a Lorenzo Quadri, con i suoi impegni in Municipio, di essere spesso assente a Berna. Non teme che potrebbe succedere anche a lei?«Il 30% dei parlamentari federali sono attivi anche nell'esecutivo dei paesi da cui provengono. Ho diversi esempi fra i miei colleghi. Secondo me è una questione di organizzazione che dovrei regolare, se venissi eletto, in modo da riuscire a far combaciare le due cose. Sono convinto che sia tutto gestibile».
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