Cronaca
05.01.2016 - 17:550
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40
Michele Rossi, «la nostra situazione in tema di sicurezza non è diversa da quella di Svezia e Danimarca»
Controlli alle frontiere introdotti da Svezia e Danimarca, l'opinione di Michele Rossi. «È più a rischio Dublino che Schengen»
BELLINZONA - Svezia e Danimarca hanno reintrodotto i controlli, seppur a campione, alle frontiere. Una misura che ha creato allarmismo da più parti, ritenuta un pericolo per l'esistenza stessa degli accordi di Schengen. Si invocano misure concertate dall'intera UE, ed anche Norman Gobbi ha colto la palla al balzo per ribadire la necessità di rafforzare i controlli («sono razzisti anche loro e costruttori di muri? L'Europa sta crollando sotto l'immigrazione incontrollata, e Paesi governati da socialdemocratici stanno reagendo all'afflusso di migranti», ha scritto su Facebook).
Abbiamo parlato della situazione con l'avvocato Michele Rossi, delegato per le relazioni esterne delle associazioni economiche a Berna e in Italia, e un tempo fra i negoziatori svizzeri degli accordi bilaterali con l'UE.
Come giudica le decisioni di Svezia e Danimarca? Potrebbero causare un effetto domino su altre nazioni?«Non sono in grado di giudicarle, non so quali siano le premesse e le riflessioni che hanno portato a queste decisioni. Mi risulta che abbiano introdotto un controllo non sistematico ma a campione. Immagino che in un momento in cui ci sono stati degli atti di terrorismo in Europa questi paesi hanno voluto aumentare il controllo sulle persone che entrano nel loro territorio. È di certo una reazione a quanto successo in Francia e al clima di insicurezza che si respira in Europa. Non penso che ora perché lo hanno fatto Svezia e Danimarca gli altri paesi si rendano conto improvvisamente che potrebbero reintrodurre i controlli, la discussione sul tema l'hanno affrontata tutti dopo i fatti di Parigi. Non credo che gli esempi svedese e danese siano determinanti».
Nei trattati di Schengen è prevista la reintroduzione di misure temporanee di controllo ai confini in caso di pericolo per la nazione, dunque Svezia e Danimarca non li hanno violati. Perché in molti ritengono che il sistema è a rischio, e lei concorda con questa tesi?«Hanno assunto una misura meno drastica, coi controlli a campione e non sistematici, di quanto avrebbero potuto. Il sistema viene detto a rischio perché se le nazioni continuano ad appellarsi alle eccezioni che Schengen permette e le eccezioni diventano la regola, il sistema stesso non è più in grado di funzionare come era previsto originariamente. A causa delle eccezioni, Schengen potrebbe non essere più quello che si voleva. Non so se è a rischio nel suo complesso, a mio avviso lo è maggiormente Dublino (modalità di ripartizione dei richiedenti l'asilo tra singoli stati)».
Gobbi ha preso la decisione di Svezia e Danimarca per tentare di giustificare la sua volontà di un maggiore controllo alle frontiere. Quali sono le differenze fra la nostra situazione e quella svedese e danese?«La Svizzera si trova è all'interno del territorio europeo, per cui il livello di sicurezza del continente influisce certamente su quello svizzero, per cui non credo che ci sia su questo punto una differenza fra ciò che viviamo noi e ciò che possono vivere altre nazioni dell'UE».
Si chiedono misure concertate dall'intera UE, accusata dal premier danese di non proteggere i propri confini. Cosa si potrebbe fare?«L'UE potrebbe dedicare più risorse ai controlli esterni. Mi sembra ci siano state delle proposte in tal senso, ovvero destinare più risorse sia umane che finanziarie al momento in cui le persone entrano nello spazio Schengen, all'interno del quale non ci sono poi più controlli».