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Cronaca
16.02.2016 - 17:450
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40

«Il tempo della ricreazione è finito», presidenza PLR, ruolo dell'UDC e Ticino secondo Cassis

Il capogruppo alle Camere PLR non esclude sorprese nella corsa alla presidenza del suo partito, e punge UDC e Lega: «da noi c'è democrazia interna»

BELLINZONA - Partiti che cambiano presidente, UDC nel nuovo ruolo di partito di governo: sono tanti i tasselli della politica svizzera che cambiano. In che direzione si sta andando? Lo abbiamo chiesto a Ignazio Cassis, capogruppo PLR alla Camere federali.Petra Gössi sembra essere l'unica candidata per la presidenza del PLR svizzero. La carica è poco ambita, o è già stato deciso tutto dietro le quinte?«Non è detto che sia l'unica candidata, attendiamo il lavoro della Commissione cerca, che sta agendo con grande discrezione. Escludo con chiarezza che sia stato tutto deciso dietro le quinte, e penso sia prematuro fare commenti sul fatto che la sua sia l'unica candidatura, perché ci sono ancora due settimane di tempo per inoltrarle e so che alcuni Cantoni stanno approfondendo con altri candidati».Nel caso fosse comunque lei la prescelta, Gössi malgrado dica di non voler cambiare nulla nella linea del partito proviene comunque dall'ala destra del PLR. Questo avrà un'influenza sulla linea del suo partito?«Non bisogna dimenticare che Müller viene dalla stessa area di Gössi, quindi ho interpretato in questo senso le sue affermazione alla tv svizzera tedesca. Non credo che se lei fosse presidente cambierà in modo decisivo la linea del partito, anche perché diversamente da partiti come l'UDC o la Lega da noi c'è una democrazia interna, per cui la linea interna non la fa un "leader maximo", ma la base. È già successo più volte infatti che l'assemblea dei delegati corregga la linea voluta dalla presidenza». Per il PPD sembra si punterà su Gerhard Pfister, un esponente che guarda a destra. A Berna si profila un'alleanza UDC-PLR-PPD che punta ad escludere la sinistra dai giochi?«Questo penso sia davvero uno scenario non realizzabile per il fatto che il Parlamento Nazionale ha due Camere, e nel Consiglio degli Stati non c'è stato uno spostamento a destra come nel Consiglio Nazionale, quindi dovremo costantemente cercare il compromesso fra le due Camere. Anche con due presidenti PLR e PPD "che guardano a destra" un'alleanza anti-sinistra vorrebbe dire cambiare le regole che governano il paese, e ciò, considerato il baricentro diverso delle due Camere, mi sembra assai difficile. Anche nell'ipotesi in cui essi si volessero molto bene, ciò non comporta automaticamente un cambiamento degli equilibri in Parlamento, scelti dal popolo».Recentemente il neo consigliere federale UDC, Guy Parmelin, è stato criticato da membri di primo piano del suo partito. Un primo segnale che ai democentristi il ruolo di partito di governo sta stretto?«Credo non lo si possa dedurre da una critica puntuale nei confronti di un Consigliere federale. Non è raro che un partito non condivida la linea del suo ministro o la critichi. Sono infatti due ruoli istituzionali diversi: il Consigliere federale interpreta quello di magistrato e di membro di un Consiglio collegiale. Ciò che sarà interessante vedere, che attendiamo un po' tutti, è se con la riconquista del secondo seggio in Consiglio federale l'UDC assumerà più responsabilità governativa e giocherà meno con le iniziative popolari demagogiche con cui si è profilata negli ultimi anni. Quella sarà la prova del nove. Io sono fiducioso e penso che l'UDC capisca che la situazione economica della Svizzera richieda ora serietà. Siamo nel cuore di un'Europa che sta conoscendo gravi difficoltà, che si è indebitata e sta vivendo sopra i propri mezzi e che con fatica e affanno cerca di effettuare le riforme necessarie. La Svizzera ne risente pur non essendo membro dell'UE, non dimentichiamo infatti che metà della nostra ricchezza è legata all'apertura commerciale. La situazione è seria e va affrontata con fermezza, e il tempo della ricreazione è finito». In dicembre si è parlato molto del Ticino a Berna, con la candidatura Gobbi al Consiglio federale. Cosa è restato? C'è una maggiore sensibilità a suo avviso?«Ogni volta che all'elezione di un Consigliere federale c'è un ticinese in lizza, soprattutto quando è sostenuto dal suo gruppo parlamentare come successo con Norman Gobbi, si aggiunge un tassello a quel mosaico che contribuisce a definire la coesione nazionale. I tempi della politica sono lunghi, ma sono persuaso che anche la candidatura di Gobbi abbia contribuito a valorizzare la presenza della Svizzera italiana e quindi ad aumentare la sensibilità in Parlamento per la terza Svizzera».
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