Cronaca
25.02.2016 - 09:330
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40
Albo in contrasto coi Bilaterali? L'Italia interroga l'UE
L'albo, ritenuto anti padroncini, ha causato mal di pancia a Roma: Gentiloni si è rivolto all'ambasciatore italiano a Berna e ha chiesto delucidazioni a Bruxelles
ROMA - L'Italia non gradisce il cosiddetto albo dei padroncini, e si sta muovendo per farlo capire, ponendo la domanda se esso non entra in contrasto con gli accordi bilaterali.
Dal 1° febbraio, come noto, tutte le imprese artigianali, svizzere ed estere, per poter lavorare in Ticino dovranno iscriversi all'albo, mostrando alcune garanzie. L'Italia l'ha percepita come una misura anti padroncini, in un periodo già delicato nei rapporti fra i due paesi con il discusso accordo fiscale non ancora approvato, e il PD, col Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, si sta facendo sentire sia a Berna che a Bruxelles.
È stata inviata una nota formale all'ambasciatore italiano a Berna, chiedendogli di «notificare al governo svizzero le riserve avanzate dall’Italia in merito al provvedimento ticinese e le preoccupazioni di come atteggiamenti di tale natura possano inficiare il quadro delle relazioni tra Italia e Svizzera in un momento complesso».
Anche la rappresentanza ufficiale italiana in seno all'Unione Europea è stata attivata, «affinché agisca nei confronti dei competenti uffici della Commissione europea al fine di approfondire la questione e stabilire se la recente legge ticinese in materia di artigianato sia o meno lesiva dei trattati bilaterali sottoscritti tra Ue e Confederazione in materia di libera circolazione delle persone e di ostacoli tecnici al commercio».
Insomma, l'Italia vuol sapere se l'albo va contro i principi della libera circolazione, Claudio Zali, alla presentazione, ha parlato di una misura trasparente, lasciando che a stabilire l'eventuale contrasto con leggi superiori siano le autorità di ricorso.
Cosa farà l'Italia se l'UE confermasse i suoi dubbi? Il comunicato del PD parla solo di «eventuali ulteriori passi». Intanto, il malessere di Roma all'albo voluto dal Dipartimento delle Istituzioni è noto ormai a Svizzera e UE.