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Cronaca
22.06.2016 - 11:150
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40

Accordo fiscale con l'Italia, «guadagneremmo una quindicina di milioni. Ma...»

Nella risposta a un'interpellanza di Pamini, il Consiglio di Stato spiega che la Svizzera ha pagato in 40 anni 1,2 miliardi di franchi in ristorni. E elenca vantaggi e svantaggi del nuovo accordo

BELLINZONA - In 40 anni, ossia fino al 2013, la Svizzera ha versato all'Italia 1,2 miliardi di franchi in ristorni, mentre il totale dell’imposta alla fonte percepita dal 1974 al 2013 da Confederazione, Cantone e Comuni ticinesi sono state approssimativamente di 1,9 miliardi di franchi. Il guadagno col nuovo accordo? Una quindicina di milioni, ma il Ticino vedrà annullare gli effetti del moltiplicatore al 100% previsto nella Legge tributaria ticinese. Sono i dati più rilevanti contenuti in un'articolata risposta a una altrettanto articolata interpellanza di Paolo Pamini e altri esponenti de Le Destra e dell'UDC. Prima di rispondere alle molte domande poste, il Consiglio di Stato ha voluto precisare come nel 1974 la situazione era del tutto diversa da oggi: il problema maggiore era la mancanza di manodopera indigena, e temi quali il dumping salariale e il troppo traffico erano ben lontani dalla realtà. E giova ricordare come «l’Accordo del 1974 è stato il frutto di un compromesso e di una lunga negoziazione. Le modalità d’imposizione e di riparto del gettito erano verosimilmente state valutate corrette nel contesto dell’epoca. Giova ricordare che da una parte l’Italia non disponeva ancora delle basi legali per imporre i frontalieri e, dall’altra, i Comuni di frontiera erano confrontati ad una forte domanda di prestazioni pubbliche in relazione con la crescita del numero di frontalieri». Esso è rimasto immutato negli anni, salvo «una riduzione del ristorno dal 40% al 38.8% rivendicata e ottenuta dal Ticino nel 1985 per compensare il fenomeno dei “falsi frontalieri” (ovvero coloro che non tornano al loro domicilio italiano tutte le sere, ndr)». Cosa hanno guadagnato Ticino e Svizzera dall'accordo? «Il totale dell’imposta alla fonte percepita dal 1974 al 2013 da Confederazione, Cantone e Comuni ticinesi sono state approssimativamente di 1,9 miliardi di franchi. Il lavoro svolto dalla manodopera frontaliera durante questo periodo ha altresì contribuito alla creazione di valore aggiunto in molte società e attività aziendali ticinesi. L’indotto fiscale complessivo sarebbe pertanto maggiore qualora si potesse tener conto anche di questo aspetto», fa sapere il Consiglio di Stato. Il nuovo accordo è stato parafato il 22 dicembre e seguirà l'iter parlamentare dei due paesi. Riguardo a che cosa potrà portare al Ticino, «la prima conseguenza positiva deriva dall’aumento della quota di pertinenza ticinese che passerebbe dal 61.2% al 70%. A dipendenza degli anni di riferimento, in questo momento si può arrotondare ad una quindicina di milioni di CHF. Oltre a questo miglioramento diretto avremmo altre fonti per ora difficilmente stimabili, quali il gettito dovuto alla reciprocità dell’accordo (nell’accordo esistente il gettito dei residenti in Ticino che lavorano in Italia come frontalieri resta totalmente in Italia), una definizione giuridica di frontaliere, che permetterà la lotta agli abusi e altre migliorie tecniche». Non è tutto oro quel che luccica, perché «per contro, il nuovo accordo e soprattutto la proponenda Legge federale sui quasi residenti andranno ad annullare, in quanto diritto superiore, il moltiplicatore al 100% previsto nella Legge tributaria ticinese. La citata Legge, al momento in discussione presso la Camera Alta, e la data della sua entrata in vigore, sarà molto importante per il nostro Cantone di frontiera». Dunque, vantaggi e svantaggi dal nuovo accordo. Che, curiosità, è discusso in inglese, come ogni accordo di questo tipo. Il testo definitivo, però, sarà in italiano.
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