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Cronaca
29.06.2016 - 18:190
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40

Kekko, «il Papa è un Modà. E in Svizzera mi sento a casa»

A poche settimane dal loro arrivo a Locarno a Moon and Stars, Kekko dei Modà ci parla dei Pooh, dell'amore e di Dio. Con un'esortazione: non mollare mai, qualsiasi sogno insegui. «Sono fan dei miei fans»

LOCARNO - La loro canzone, "Favola", è un inno all'amore per eccellenza, e ha cullato e accompagnato mille storie: se poi abbiano avuto il lieto fine, non si sa. Loro sono i Modà, reduci da una data a San Siro il 19 giugno e dalla pubblicazione dell'album "Passione maledetta". Il 9 luglio saranno a Moon and Stars a Locarno, abbiamo colto l'occasione per chiacchierare a 360° con Francesco Silvestre, meglio conosciuto come Kekko, cantante del gruppo e autore. Da più parti venite indicati come gli eredi designati dei Pooh, quanto vi lusinga?«In una scala da 1 a 100? 110! Come ho già detto, c'è da lavorare tanto e per molti anni per reggere il paragone di cui, è ovvio, sono felicissimo. I Pooh sono un punto di riferimento per una band. Conosciamo i meccanismi di un gruppo, non siamo artisti che lavorano singolarmente ma dobbiamo vivere insieme. Non è semplice, si creano spesso e volentieri situazioni in cui mettere assieme cinque teste non è facile, e vedere una band che per cinquant'anni è riuscita a costruire un rapporto così bello è ciò che ci crea più invidia: arrivare a cinquant'anni di carriera ed essere così sereni e felici all'interno di un ambiente di lavoro è straordinario. Abbiamo avuto modo di conoscerli, e sembrano ragazzini. Ovviamente poi amiamo le canzoni, ma esse passano in secondo piano, perché per arrivare al successo devono esserci degli uomini, e qui ci sono persone fantastiche».Come è nata la collaborazione con loro? Hai cantato con loro al concerto sulla Rai e anche la data a Locarno vi vede esibirvi nella stessa sera.«È nata per una serie di coincidenze. Erano anni che ci paragonavano a loro, e anche se a volte viene fatto per sminuirti, io lo vedevo comunque come un complimento. La figlia di Roby Facchinetti (colei che ha reso possibile questa intervista, ndr) sapeva di quanto ciò mi rendesse fiero. Quando è arrivata la richiesta sono stato più che felice di esibirmi sul loro palco e ho ricambiato invitandoli a San Siro».A proposito di collaborazioni, siete arrivati secondi a Sanremo con Emma, con lei come è partita e che cosa condividete?«Ci avevano fatti incontrare a Roma, quando lei usciva da Amici e noi dal grande successo di "La notte" e "Sono già solo", ci è stato proposto di cantare assieme. A quel punto ho scritto "Arriverà", una canzone che ben si presta a un duetto, gliel'ho fatta sentire e a lei è piaciuta. Abbiamo deciso di tentare la strada di Sanremo assieme ed è andata bene! Cosa condividiamo? Dal punto di vista umano, ci sentiamo, abbiamo buoni rapporti. Dal punto di vista musicale le nostre carriere hanno preso pieghe diverse ma quando capita l'occasione di salire sul palco assieme fa sempre piacere. Mi auguro possa ricapitare».Hai scritto canzoni per altri cantanti, che effetto ti fa sentire i tuoi testi intonati da qualcuno che non è i Modà?«Fa un bellissimo effetto. Non regalo i pezzi, l'artista mi deve piacere e devo essere convinto, dato che cantano un po' i fatti miei voglio metterli in bocche buone. Quando penso alla canzone penso al cantante a cui darla, non si potrebbe far cantare "Arriverà" a Mario Biondi, per esempio». Nel 2007 avete rischiato di sciogliervi e grazie alla tua determinazione avete proseguito il vostro percorso, e poi è nato il vostro successo. Un'esortazione ai giovani a non mollare, a inseguire i propri sogni che prima o poi si arriva?«È ciò che ripete sempre ai giovani e a chi ci segue: perseverare, appassionarsi e credere in qualcosa. Noi siamo l'esempio vivente che volere è potere; poi ci vuole la fortuna, lo sappiamo benissimo. Però allo stesso tempo se insegui un sogno lo devi fare fino in fondo senza mai perdere la speranza, che è la cosa più importante in assoluto. Mi auguro che se un giorno non rimessero le nostre canzoni resti almeno il nostro messaggio, ovvero che se vuoi raggiungere davvero qualcosa ce la farai, se non molli».Molte vostre canzoni parlano d'amore. L'amore per voi cos'è e come è cambiato il concetto per te da quando sei papà di Gioia?«Ho sempre visto l'amore e il romanticismo con tante sfumature: l'amore non ne ha mai avuta una definitiva, non è solo quello uomo-donna, romanticismo è anche mangiare a 38 anni la domenica il ragù con la famiglia come quando avevo 10 anni. Da quando è arrivata Gioia ha portato aria nuova nella mia famiglia ma posso dire che il mio modo di amare è andato all'ennesima potenza, non ho forse mai amato così neppure mia madre o la mia compagna». Voi siete la colonna sonora di molti storie d'amore, soprattutto di giovani. Che effetto vi fa? È come se partecipaste alla loro vita?«Ci fa piacere. Capita che qualcuno ci dica che con le nostre canzoni si è innamorato, salvato o ha superato dei momenti difficili, allora ti rendi conto che senza fare sforzi sei riuscito ad aiutare delle persone da lontano. Mi sento parte dei miei fans, loro sono miei fans ma io lo sono di loro. In un certo senso il concerto è il momento in si condivide assieme dei risultati importanti dal punto di vista musicale, mentre quando loro ascoltano le nostre canzoni si condivide la nostra vita, facendo capire loro che se provano le cose che cantiamo e si rispecchiano in esse vuol dire che noi siamo come loro e viviamo le stesse sensazioni». Hai scritto "Salvami" in un momento in cui cercavi un dialogo con Dio. Com'è il tuo rapporto con Lui, è una guida sempre o solo nei periodi difficili?«In tutti i momenti della mia vita. Non sono uno che va in Chiesa, ma penso che ciascuno possa pregare a casa sua tutti i giorni senza andare di fronte a un crocifisso. Io parlo con Lui quotidianamente, lo ringrazio sempre. Il mio rapporto è costante, e quella canzone nasce in un periodo in cui la mia mamma si era ammalata. Papa Francesco mi piace, è il papa migliore che poteva capitarci, è una persona che a prescindere dalle parole e con i fatti ha dimostrato di essere uno di noi...un Modà. Francesco I è un Modà, uno normale».Venite a cantare a Locarno, che rapporto avete con la Svizzera?«Molto buono. Abbiamo già suonato più volte qui, e siamo sempre stati accolti bene. Ho sempre considerato la Svizzera un'Italia del Nord e non mi sento all'estero bensì a casa».
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