CRONACA
IntegraTI, «cerchiamo di dare un futuro a 25 rifugiati, e non temiamo il razzismo»
La Clinica Moncucco ha presentato oggi i dettagli dell'iniziativa volta ad assumere alcuni rifugiati. Tre le modalità possibili, i costi sono coperti da Clinica, Cantone e Fondazioni private
LUGANO - Ha destato curiosità la scelta della Clinica di Moncucco di aprirsi ai rifugiati, sulla scorta di quanto chiesto nel 2015 da Papa Francesco. Notando che solo una di queste persone su dieci riescono in sette anni a non dipendere dall'aiuto sociale, è stato presentato un progetto che mira a far lavorare in clinica e a formare migranti, in un progetto che partirà a settembre e durerà 4 anni e mezzo, con lo scopo d integrare 25 persone (con la possibilità per loro, se tornassero al loro paese, di contribuire alla sanità locale).I requisiti? I candidati dovranno avere riconosciuto lo statuto di rifugiato, che abbia l'ammissione provvisoria o un’elevata probabilità di restare a lungo in Svizzera, che il loro arrivo in Svizzera risalga a meno di 48 mesi prima dell’inizio del percorso, che abbiano una forte motivazione di prendere parte al progetto, con l’obiettivo di arrivare al termine del percorso di formazione e che abbiano una conoscenza sufficiente anche se limitata della lingua italiana. Le possibilità sono tre: uno stage di conoscenza reciproca, della durata d un mese rinnovabile, non retribuito e comprensivo di lezioni di italiano nelle ore di lavoro, uno stage di inserimento di tre mesi rinnovabile, remunerazione inferiore a quella corrisposta al primo anno di apprendistato, mansionario definito e lezioni di italiano in aggiunta alle ore di lavoro, oppure formazione. In quel caso chi ha già un diploma o esperienza in campo sanitario potrà svolgere una riqualifica professionale di non più di un anno, mentre chi non ne ha può accedere ad un apprendistato.I costi, determinati dall'assunzione del personale che si occuperà di seguire i candidati, dalla gestione del progetto e dai salari degli apprendisti, saranno coperti dalla Clinica, dal Cantone e da Fondazioni private.Cristiano Canuti, responsabile del progetto, non è preoccupato che possa manifestarsi del razzismo nei confronti dei rifugiati in questione. «Oltre 600 persone provenienti da quasi una ventina di paesi lavorano in Clinica e non abbiamo mai avuto problemi di “accettazione” legati a provenienza, religione ecc., né da parte dei colleghi, né da parte dei pazienti. Di solito anche chi mostra rabbia e aggressività, a parole e nei confronti di gruppi di persone, con stereotipi razzisti o qualunquisti, poi cambia atteggiamento quando si trova in relazione uno a uno con un altro essere umano guardandolo negli occhi.Qualora dovessero accadere situazioni spiacevoli ne parleremo», ci ha spiegato.
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