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Cronaca
17.08.2018 - 16:300
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40

Il fotografo di Benetton, miracolato... due volte!

Oliviero Toscani fu il primo automobilista dietro al tir che si incendiò nel Gottardo nel 2001 e martedì sarebbe dovuto essere sul ponte Morandi

GENOVA – Sei il fotografo legato a Benetton, che è sotto accusa per il crollo del Ponte Morandi. Lo stesso ponte su cui saresti dovuto passare, salvo essere richiamato a casa per un imprevisto. E ciò dopo aver assistito al terribile incidente all’interno del tunnel del Gottardo nel 2011. Sembra una storia, eppure è realtà, sono ricordi che resteranno a lungo nel cuore di Olivieri Toscani.

Partiamo da 17 anni fa. A raccontare la sua esperienza per Repubblica fu lui stesso. Era in Svizzera a trovare la figlia quando decise, con la moglie, di concedersi qualche giorno a Parigi. Ha la capote abbassata quando arriva al Gottardo perché voleva fare il passo ma aveva sbagliato. “Davanti a me c'è un camion. "Meglio tenersi a una buona distanza per non morire asfissiati e fermarsi alla prima piazzola per tirar su la capote", penso. Ce l'ho a 70-80 metri di distanza adesso, il camion. "Che strano... mi dico è come se sbandasse un po'... O l'autista ha sonno, o è ubriaco, o...". A un certo punto eccolo che sbanda sulla destra. No, si rimette in carreggiata. Ma di nuovo ondeggia, e questa volta picchia contro la parete della galleria per rimbalzare verso sinistra. Urta un tir che viene in direzione opposta. Kirsti, Kirsti che a differenza di me sa per sua fortuna di essere mortale, grida subito: "Via, via di qui, Oliviero gira l'auto... qui esplode tutto...". E se esplode è come essere in una canna di fucile. Se esplode è finita. Due manovre. L'auto piccola, maneggevole, si gira su stessa”, scrive.

“E mentre corriamo verso l'uscita del tunnel, mentre percorriamo a tutta velocità, in senso opposto, quel chilometro che ci separa dalla luce, facciamo segni con le braccia agli automobilisti incolonnati dietro di noi; lampeggio, urlo: "Via via andate via..."., prosegue il suo angosciato racconto. “Dalle bocche d'aria del Gottardo, usciva fuori un fumo nero, denso. Era come se dalla montagna uscisse un respiro di morte. Poi avremmo ascoltato i bollettini via radio. Poi avremmo chiamato la polizia dicendo: "Noi siamo quelli della Porsche gialla, i primi testimoni dell'incidente". Poi... Adesso no”. 

I morti furono 11. 

E martedì, doveva passare per il Ponte Morandi. Lo dice in un’intervista, ancora sconvolto, a Il Libero Quotidiano. "Non ho niente da dire, non ho niente da dire", esordisce. "Ho rischiato di essere lì. Martedì mattina stavo proprio andando in Francia in moto con mio figlio e per fortuna - dice tirando un sospiro - per fortuna, mentre stavo partendo da casa mi ha chiamato un tecnico del mio service, che doveva raggiungermi a casa. E mi ha detto: sono in ritardo. Ho voluto aspettarlo...". Partito più tardi quindi, sono stato raggiunto da una chiamata. Ero a Ferrara: 'Oliviero guarda che è crollato tutto'. Ed era la strada che dovevo fare. Ha capito cosa c'era? È stata una disgrazia, una disgrazia...".

A suo modo di vedere, le accuse contro Benetton sono eccessive. : "Come se uno volesse speculare sulla vita degli altri. Ma se loro sono persone serissime. Sì, sono sempre seri, hanno sempre fatto le cose al massimo... e lo dico io che ci ho lavorato insieme".

Lui, intanto, è come se fosse sopravvissuto due volte, a due disgrazie, in meno di 20 anni.

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