di Claudia Crivelli Barella*
A proposito di rispetto...Il difficile del vivere tra essere umani è che diamo interpretazioni differenti a termini identici, facendo una gran confusione. Pensiamo di riferirci tutti ai medesimi concetti parlando di amore, di amicizia, di malattia o di famiglia… mentre ognuno di noi declina questi e mille altri termini secondo la propria personale esperienza, secondo la fase di vita e l’impostazione filosofica del proprio pensiero.
Ho avuto uno scambio di opinioni con una persona che riteneva che in ambiti formali fosse segno di “rispetto” presentarsi, per gli uomini, in giacca e cravatta. A me pare un’eresia, soprattutto in questi giorni di gran caldo in cui penso che calzini, giacche e simili dovrebbero essere vietati anche per un semplice diritto degli esseri umani a stare il più freschi e rilassati possibile.
Vedere le persone strette in una giacca, o i piedi nelle calze, mi fa venire pena per le persone che le indossano, e mi toglie concentrazione e respiro. Inoltre, simili abbigliamenti fanno poi in modo che le persone siano propense all’utilizzo dell’aria condizionata, che in estate rappresenta per me una calamità evitabile: costi ecologici molto alti, e mal di gola in agguato per tutti quanti.
Inoltre, la cravatta dal mio punto di vista rappresenta una dichiarazione di appartenenza ad un’idea di patriarcato antica e di gattopardesca memoria, qualcosa che ha per me rimandi non positivi, e che di sicuro non associo a rispetto o serietà, piuttosto ad affari tendenzialmente non del tutto etici, ed a preoccupazioni economiche che oscurano altre tematiche, a mio modo di vedere più urgenti ed importanti.
Le persone serie e rispettose che conosco io non si sognerebbero mai di indossare una cravatta, reputandola un orpello vagamente ridicolo, quando non un segno di criminalità manifesta (questo per i più intolleranti e malfidenti, io non arrivo a dire che tutti coloro che indossano una cravatta siano malfattori!).
Secondo Sigmund Freud, la cravatta era un chiaro riferimento fallico, ma si sa che per il buon Sigmund quasi tutto lo era (rossetti, penne, opere d’arte, eccetera).
Per me, segno di rispetto è l’ascolto attento, il risparmio di risorse, il non incidere sull’impronta ecologica della nostra società in modo massiccio, ad esempio evitando viaggi aerei o spostamenti inutili.
Rispetto è a mio avviso acquistare in modo solidale e consapevole, ed avere cura di noi stessi, degli altri e dell’ambiente che ci circonda. Rispetto è un sorriso, una parola gentile, o anche l’assenza di parole inutili o di sguardi accusatori o derisori verso ciò che non ci appartiene o che non capiamo.
Io cerco di essere tollerante anche verso stili di vita e abbigliamenti che non mi piacciono, e non vado a chiedere alle persone di togliersi giacche o cravatte. Ma vorrei che la stessa tolleranza venga utilizzata verso chi fa scelte differenti, ad esempio un uomo in sandali e calzoni corti e dignitosamente puliti e tenuti, anche in ambiti formali.
Cerchiamo di guardare il contenuto oltre al contenitore, senza dimenticare che il contenitore è importante e che ciò che indossiamo parla di noi, e che la società del futuro deve cambiare i propri standard di rispetto, passando da una visione formale ad una ecosolidale e spiritualmente più ampia ed aperta.
*Granconsigliera dei Verdi, psicoterapeuta, da La Cooperazione