BELLINZONA – Chi sono i giovani svizzeri d’oggi? Hanno provato a rispondere a questa domanda, tutt’altro che scontata, Oscar Mazzoleni, Karl W. Haltinier e Luca Bertossa nel libro ‘Giovani adulti allo specchio. Chi sono, cosa pensano, come cambiano’, il quale esce come 8° volume della collana “Le sfide della Svizzera” nelle Edizioni Armando Dadò.
Il libro sarà presentato alle 10.30. Bertossa, in una lunga chiacchierata, ci racconta come i dati venivano raccolti, ai tempi, per controllare la qualità dell’istruzione impartita nei vari cantoni, durante la scuola reclute. Poi, cambiata la Svizzera, i sondaggi sono divenuti a carattere pedagogico, e sono state aggiunte, poi bilanciate con i calcoli statistici, le risposte di alcune donne.
Uno degli ambiti da voi toccati è la soddisfazione dei giovani verso la propria vita. Visti i dati allarmanti sui pensieri di suicidio, lo riteniamo importante. Cosa ci dice?
“Paragonando i dati emersi con quelli degli ultimi 25 anni, il grado di soddisfazione con la propria vita continua a essere molto elevata. La percentuale di chi non è soddisfatto rimane bassa, al di sotto del 5%. Notiamo che c’è sempre meno gente che si dice ‘molto soddisfatta’ o ‘moltissimo soddisfatta’, mentre aumentano i ‘parzialmente soddisfatti’. La soddisfazione dipende molto fortemente dalle esperienze personali del passato e da quelli demografici. Per esempio, penso a esperienze fatte in famiglia: dove c’è stata molta fiducia verso il ragazzo o la ragazza, egli è soddisfatto. Interessante notare, dal punto di vista sociologico e politico, che non vi è correlazione tra l’essere famiglie patchwork, ovvero diverse dal nucleo madre-padre, e la soddisfazione”.
Tutto ciò, ovvero la diminuzione di chi è ‘molto o moltissimo soddisfatto’, dipende dalle condizioni del mercato del lavoro?
“Non sappiamo perché aumenta la soddisfazione critica, supponiamo dipenda da un inasprimento generale delle condizioni di formazione e di lavoro. Quel che è richiesto, nella formazione, è sempre di più, si deve lavorare di più a scuola, impegnarsi di più, aumenta il rischio di essere valutati negativamente. Lo stesso vale col lavoro, è sempre più difficile trovare la posizione che si vorrebbe nel posto di lavoro. Nella Svizzera Italiana abbiamo un grado basso di non soddisfatti, ma quella dei soddisfatti in modo critico è più alta che nel resto del Paese. E sappiamo che qui la possibilità di scegliere la via che si vuole è più difficile, penso a chi vuol fare l’artista del circo o il ricercatore nucleare che deve spostarsi. Ovviamente c’è la concorrenza del lavoro oltre frontiera, che sta arrivando anche in altre regioni”.
C’è un grado di relazione fra la soddisfazione e il grado di istruzione dei giovani?
“In generale sì, più si è istruiti più si è soddisfatti della propria vita. Però non è il fattore determinante. A livello scolastico abbiamo un secondo aspetto, quelle che chiamavo esperienze del passato. Abbiamo anche chiesto ‘quanto andavi bene a scuola?’ e ‘quanto andavi volentieri?’, e abbiamo visto che chi era bravo e studiava volentieri è più soddisfatto. Se analizziamo singolarmente il fattore ‘andare bene a scuola’ o ‘volentieri a scuola’, quest’ultimo aspetto è il più rilevante. Chi andava male e malvolentieri appartiene ai meno soddisfatti”.
Per quanto concerne le relazioni, i giovani puntano molto sulla vita privata?
“Certo, anche se interpellando ventenni i rapporti coi partner sono molto fluidi. Tutto ciò che concerne la vita privata, la famiglia e le amicizie contribuisce a donare un alto grado di soddisfazione nella vita”.
In seguito avete parlato dei valori dei giovani…
“Vediamo una grande stabilità. I valori più importanti sono sempre quelli dell’armonia personale, ovvero i rapporti con la famiglia, con gli amici, col partner. Storicamente hanno sempre contato più del lavoro. Per contro il valore definito da noi ‘impegno, intendendo quello politico, nel lavoro e la volontà di far carriera, aumenta. In una situazione di economia in cui le condizioni di lavoro non sono più rosee come negli anni Novanta, diventa maggiormente fondamentale l’affermazione nel lavoro e dunque il far carriera”.
Cosa ci dice delle capacità di lettura dei giovani, che avete analizzato?
“Un buon indicatore di essa è la frequenza di lettura. In dieci anni poniamo questa domanda, riferendoci a diversi medium, dall’online ai romanzi, dalle riviste ai fumetti. E abbiamo notato una tendenza alla diminuzione della frequenza di lettura in ognuno di questo medium. La digitalizzazione ha fatto divenire lo scrivere più importante, malgrado si vive nel mondo dell’immagine. I giovani comunicano scrivendo, e comunicare in modo corretto è sempre più basilare, mentre loro, leggendo meno, hanno meno competenze nella capacità comunicativa stessa”.