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Cronaca
26.03.2020 - 09:000
Aggiornamento: 11:02

"Dopo la quarantena, l'impostazione della vita sarà diversa. E per alcuni tornare alla routine sarà difficile"

Parla la psicologa: "Si vivono sbalzi emotivi. I bassi andrebbero gestiti accogliendo e sviscerando sensazioni e emozioni. Chi sente la solitudine può deprimersi, chi è a stretto contatto con gli affetti può avere comportamenti aggreressivi"

CHIASSO – La quarantena, l’isolamento, il vivere sospesi a cui purtroppo ci stiamo abituando, il dubbio di non sapere fino a quando tutto questo durerà, hanno evidentemente un impatto psicologico sulle persone. Il periodo è difficile per chiunque, in particolare per chi ha un caro all’ospedale o che è stato portato via dal Coronavirus, ma anche, seppur in modo diverso, per tutti coloro che sono costretti a restare in casa, spesso in una convivenza strettissima coi propri familiari o lontani da essi.

Che conseguenze lascerà questo momento? E come affrontarlo al meglio? Ne abbiamo parlato con la psicologa Silvia Mariana De Marco.

Come si sta vivendo la quarantena in generale? Quali sono i problemi a livello psicologico che una reclusione di fatto costretta, lontano dai parenti e dagli amici, unita alla paura del Covid, porta?

“Come possiamo vedere anche dalle notizie sui giornali e telegiornali, le reazioni emotive alla quarantena sono molto in contrasto tra di loro: c’è infatti chi la vive come un’ingiusta misura costrittiva e chi invece la vive come un’adeguata misura cautelativa e protettiva. I maggiori problemi psicologici sono l’ansia o il panico e lo stress, sia per i cittadini attualmente non lavoranti (che hanno paura di essere contagiati) sia per i lavoratori, in particolare gli operatori sanitari (che temono di essere contagiosi per i pazienti e sono sottoposti a turni infiniti). Da alcune notizie, sappiamo che la paura e lo stress hanno portato alcuni operatori sanitari anche al suicidio. Dal punto di vista relazionale, le persone stanno sperimentando una sensazione di insofferenza verso la solitudine o verso la convivenza forzata: se chi soffre di solitudine è a rischio di depressione, chi invece vive a stretto contatto con i propri affetti è a rischio per comportamenti aggressivi”.

La convivenza in spazi stretti con la famiglia può portare problematiche particolari? Consigli per viverla al meglio?

“La convivenza forzata, come già accennavo, è una situazione molto stressante per coloro che ne sono costretti. Questo stress può portare ad esasperare preesistenti dinamiche più o meno disfunzionali, normalmente gestibili con la possibilità di interagire fisicamente con altri ambienti e altre persone. Seppure ci sia una difficoltà chiaramente ambientale (gran parte delle persone vive in appartamenti di piccola e media grandezza, non sempre con dei balconi o giardini personali e condominiali), a livello temporale può essere d’aiuto darsi dei tempi prestabiliti in cui passare il tempo insieme ovvero condividere, discutere, parlare di argomenti vari (possibilmente limitando le discussioni sui continui aggiornamenti riguardo l’epidemia in corso, che tendenzialmente aumentano lo stato di ansia e paura)”.

Ci sono articoli che parlano di momenti con grandi sbalzi d’umore: come gestire i bassi? Ed è vero che arrivano dei momenti di euforia perché è facile immaginarsi un futuro diverso ma ancora lontano?

“È vero, purtroppo gli sbalzi d’umore in questo momento sono diffusi e frequenti; i momenti “bassi” ovvero quelli dove prevalgono sentimenti di tristezza, apatia, scoraggiamento, sono indubbiamente meno facili da sopportare e può esserci anche la sensazione che non passino mai. Molti tentano di affrontare questi momenti cercando di ignorare queste emozioni oppure ostentando emozioni estremamente positive, ma sono atteggiamenti che purtroppo rischiamo solo di peggiorare la situazione. Un modo per fronteggiarli in maniera meno pesante, per quanto possa apparire paradossale, è di accogliere e sviscerare le sensazioni e le emozioni di cui si fa esperienza in questi momenti, magari mettendole per iscritto su un quaderno o un diario. I momenti di euforia, seppur meno frequenti, sono possibili grazie a un errore sistematico detto “bias dell’ottimismo”, che tende a far vedere il futuro più roseo di quanto esso effettivamente non sia: è un atteggiamento che aiuta a ridurre l’ansia e lo stress”.

Di solito rimanere con se stessi può portare a momenti di riflessione e introspezione, è vero? Si pensa di più al passato, quindi con rievocazione di periodi anche complicati, o alle paure del futuro? Quali sono, queste ultime, in particolare: più a livello economico o sanitario?

“A tal proposito, mi piacerebbe fare una precisazione: c’è una differenza tra “rimanere con se stessi” e “rimanere soli”. Al momento attuale, le persone tendono a percepire maggiormente il “rimanere da soli” (quindi la solitudine) e non il “rimanere con se stessi”: nel primo caso le persone fanno fatica a concentrarsi su un’elaborazione del passato e mostrano molta preoccupazione sia per il presente sia per il futuro, nel secondo caso invece si può riscontrare questo atteggiamento di riflessione e introspezione. Passare dalla prima alla seconda condizione non è semplice, ma possibile, seppur con una buona dose di pazienza. Le paure legate al futuro che si possono manifestare, come abbiamo potuto vedere, sono legate ai bisogni primari (gli insensati assalti ai supermercati erano una conseguenza della paura di rimanere senza cibo, un timore ancestrale e non razionale) e dunque anche al lato economico (che ci permette l’approvvigionamento e sostentamento). La paura legata al fattore sanitario invece tende a essere prevalente negli operatori sanitari e nel personale che a vario titolo è quotidianamente è esposto al rischio del contagio”.

È possibile che quando si potrà ricominciare a vivere normalmente si avranno delle difficoltà a riprendere la routine normale, dopo tanta reclusione? Cosa fare semmai per prevenire?

“Personalmente dubito che, finito il periodo di quarantena, l’impostazione della vita sarà la medesima del (recente) passato, anche perché probabilmente le stesse scelte politiche e sociali terranno debito conto di ciò che sta accadendo e faranno (si spera) scelte diverse rispetto a quelle fatte finora. Detto questo, penso che le persone troveranno comunque delle difficoltà nel ritornare alle vecchie e rassicuranti routine: se per alcuni questa quarantena rappresenta un (forzato) tempo di attesa indefinita, per altri invece sta rappresentando un rifugio sicuro e protetto in cui determinati atteggiamenti e scelte (normalmente disfunzionali) vengono rafforzati e incoraggiati (pensiamo alle persone ansiose, ipocondriache, depresse e ritirate). Nonostante al momento sia assolutamente indispensabile crearsi una nuova routine, potrebbe essere utile – a livello preventivo – inserire nelle nostre nuove abitudini alcune attività che magari intendevamo già iniziare o che pensiamo di portare avanti anche finito il periodo di quarantena”.

In molti parlano di una riscoperta dei valori e degli affetti, credi che possa cambiare qualcosa nella società in modo durevole, oppure l’effetto svanirà appena rientrata l’emergenza?

“È indubbiamente positivo che ci possa essere una riscoperta dei valori e degli affetti e anche altri effetti collaterali positivi, ma non dimentichiamo che ogni evento di grande portata porta anche effetti negativi (pensiamo agli effetti del prolungato stress e della situazione che potremmo definire traumatica per alcuni). Sono del parere che questo periodo di quarantena sia di durata ancora troppo “breve” per poter pensare che gli effetti positivi e negativi possano avere degli effetti a breve o lungo termine. Se questo periodo di quarantena dovesse però prolungarsi ulteriormente, magari per diversi mesi, si può indubbiamente ipotizzare che questi effetti avranno una risonanza personale e sociale non indifferente; si spera che questi effetti permettano alle persone – ad ogni livello – di fare scelte diverse non solo nei confronti dei proprio affetti ma anche nei confronti della società”.

 

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