BELLINZONA – Tamponi a tappeto, protocolli chiari per le scuole, test sierologici, controlli al confine, contact tracing, test ai guariti e mascherine. È quanto chiedono al Governo i deputati leghisti Boris Bignasca, Stefano Tonini, Eolo Alberti e Sabrina Aldi tramite una mozione urgente per cercare di “non sbagliare e di riaprire con prudenza e con indicazioni chiare alla popolazione e soprattutto con le contromisure adeguate”.
“Il Consiglio di Stato – si legge nell’atto parlamentare – sta accelerando sulle riaperture. Le motivazioni sono diverse, alcune delle quali ragionevoli, ma non del tutto convincenti. Infatti - come tutti sappiamo – il Governo è costretto a decidere anche in base alle pressioni di una parte del mondo economico. Infatti il Cantone subisce le pressioni di alcune associazioni economiche, e della Confederazione, affinché il Ticino si allinei al resto della Svizzera, rinunciando alla cosidetta “finestra di crisi”, che ci ha permesso di mettere in atto restrizioni più severe. In questa costellazione si inseriscono anche i dati riguardo ai contagi che però, pur diminuendo, non sono cessati del tutto ma restano ben superiori alla soglia di 100 casi settimanali. Questa mancato azzeramento dei contagi, di conseguenza, non può essere neppure stabilizzato nel tempo, come invece suggeriscono come buona prassi le esperienze asiatiche. In questo momento dunque una fetta maggioritaria dell’opinione pubblica è scettica riguardo a queste aperture”.
E ancora: “Anche buona parte del mondo politico – compresi diversi importanti sindaci - e del mondo scientifico e medico (vedi intervista al prof. Cerney e l’appello sottoscritto da una sessantina di medici, tra i quali il presidente dell’Ordine dei medici Franco Denti, diversi Professori e direttori sanitari di importanti cliniche) sono su posizioni molto più prudenti rispetto al Governo e andrebbero presi in grande considerazione”.
Per i deputati, “per riaprire con un certo grado di sicurezza, è necessario avere una strategia chiara e un piano dettagliato.Il Ticino, lo sappiamo, ha già fatto l’errore di chiudere troppo tardi attività commerciali, scuole e frontiere e dunque simmetricamente ci auguriamo non faccia l’errore di riaprire troppo presto. Sono, dunque, necessarie riflessioni approfondite riguardo a costi, benefici e contromisure. È questione di logica, di mentalità e di priorità. La salute prima dei soldi. La collettività prima dell’individualismo. La prudenza prima della temerarietà. Per questo oltre a decidere quando si riaprirà, dobbiamo anche sapere chi potrà riaprire, con quali regole e quali contromisure.
Ecco le proposte:
Tamponi a tappeto
È auspicabile che il Cantone – come già fatto da molti paesi virtuosi – metta in campo ancora più test, così da avere un monitoraggio dettagliato – per quanto possibile – dell’evolversi del contagio. I tamponi dovrebbero essere effettuati a tappeto, almeno a tutte le persone che entrano in contatto con il pubblico, a partire ad esempio da persone molto esposte come i docenti delle nostre scuole. In questo senso grazie ai tamponi sarebbe possibile, sotto certe condizioni (come affermato dallo stesso CF Berset), risalire ai contatti dei contagiati e attuare misure di quarantena preventiva tali da spegnere sul nascere nuovi focolai.
Protocolli per le scuole
Il governo federale ha intenzione di proporre la riapertura delle scuole dell’obbligo verso l’11 maggio. Questo suscita già oggi preoccupazione e sconcerto nel mondo scolastico ticinese. In questo senso chiediamo al Governo delle rassicurazioni e dei protocolli chiari per il personale scolastico e dei trasporti. In un rapporto tra costi e benefici, andrebbe anche considerato che, all’11 maggio, mancherebbero solo quattro settimane al termine dell’anno scolastico. Il margine di rischio, e l’impegno organizzativo per mettere in sicurezza il sistema scolastico, andrebbe considerato anche su questo importante fattore temporale.
Test sierologici
Molte aziende stanno offrendo a diversi paesi un test sierologico in grado di verificare la presenza di anticorpi legati al Covid19. Il Canton Vaud partirà a breve con queste indagini a campione sulla popolazione. Questo test consente di scattare una fotografia molto importante sulla presenza del virus. Fornisce infatti la possibilità di fare una stima credibile sulle persone che hanno contratto la malattia. La ripetizione del test nei mesi successivi potrebbe darci informazioni importanti anche riguardo alla tenuta degli anticorpi e alla relativa immunità. Chiediamo che anche Il Ticino parta al più presto con un studio su su larga scala con questi test.
Controlli al confine
Il Ticino vive la condizione di confinare con la Lombardia, che è ancora – purtroppo – uno dei principali focolai del virus nel mondo occidentale. La riapertura – tecnicamente parziale, ma de facto quasi totale - delle attività industriali e dell’edilizia porterà ad una pressione importante sul nostro confine. Migliaia di lavoratori frontalieri entreranno in Ticino e il contagio da Como-Varese verso il nostro Cantone, e viceversa, potrebbe rinfocolarsi pericolosamente. Ai frontalieri aggiungiamo anche i padroncini che arrivano da zone della Lombardia anche più distanzi e maggiormente colpite, come ad esempio la provincia di Bergamo. In questo senso chiediamo la tutela di tutti i lavoratori di effettuare controlli a tappeto in dogana e all’entrata delle fabbriche e dei cantieri. In questo senso non bastano i controlli della febbre, ma servono i tamponi per isolare potenziali contagiati.
Contact tracing
Il contact tracing è una misura vincente di diversi paesi che hanno affrontato e stanno affrontando il virus meglio di noi, Questa tracciabilità dei contatti, permette ai cittadini di essere tempestivamente informati se entrano in contatto con un paziente positivo. Questo contact tracing - implementato tenendo conto degli standard di privacy – sarebbe fondamentale in una fase di riapertura delle attività. Il CF Berset ne ha parlato nell’ultima Conferenza stampa. Il Ticino implenti a breve questo progetto, appoggiando se occorre a USI e SUPSI.
Test ai guariti
Le prescrizioni attualmente in vigore in Svizzera sul rientro al lavoro per chi ha contratto il Covid19, lasciano parecchie perplessità. Già nel recente passato il nostro Paese ha dovuto rivedere, portandola da 5 a 10 giorni, il tempo della quarantena. Nelle ultime settimane giungono sempre maggiori notizie su studi che indicano come vi siano persone positive, quindi ancora potenzialmente contagiose, anche dopo 2 o 3 settimane dalla scomparsa dei sintomi. Attualmente in Svizzera si prevedono appena 2 giorni. Fissare un limite generale appare quindi del tutto arbitrario. Per questo appare indispensabile attuare una politica di test ai “guariti”, prima che gli stessi possano tornare sul luogo di lavoro.
Mascherine
In Ticino l’ormai larga parte della comunità medica e scientifica ritiene che, se portate da tutti, le mascherine possono essere un buon elemento di protezione. Anche l’esperienza asiatica conferma questo metodo. Appare dunque necessario raccomandare fortemente l’uso delle mascherine in tutti i luoghi di lavoro o i luoghi chiusi dove le persone s’incontrano per necessità (ad esempio i negozi di alimentari). Ci auguriamo che, come anticipato dal Consigliere di Stato Raffaele De Rosa, il Governo insista affinché in Ticino si producano presto le mascherine necessarie alla popolazione.