Politica
11.09.2015 - 10:000
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43
Fonio e Jelmini, «lavoratori interinali, il Governo dia il buon esempio!»
In un'iniziativa parlamentare generica, Fonio e Jelmini rimarcano come il lavoro interinale crei precarizzazione e dumping, e chiede che il Consiglio di Stato «impedisca di utilizzarlo se non in casi gravi»
BELLINZONA - Il lavoro interinale dovrebbe essere una misura a cui ricorrere in caso di emergenza e per coprire picchi di attività, ma i numeri dicono che è diventato un'abitudine per molti datori di lavoro.
Giorgio Fonio e Lorenzo Jelmini, che siedono in Gran Consiglio per il PPD, hanno inoltrato un'iniziativa parlamentare generica, chiedendo al Governo di essere il primo a dare il buon esempio.
«Se non è possibile imporre regole al settore privato in generale, il Cantone può almeno dare il buon esempio limitando il ricorso agli interinali nei settori statale, parastatale e in tutte le imprese, aziende, enti che ricevono aiuti, sussidi o lavori dallo Stato sull’esempio di quanto avviene per gli appalti pubblici nel settore edilizio», chiedono.
Si propone addirittura quella che viene definita «la soluzione più severa»: impedire «di far capo a internali, se non per gravi, giustificati e comprovati motivi. Il Consiglio di Stato deve avere la possibilità di fissare quote e stabilire le severe condizioni per l'assunzione a titolo eccezionale di lavoratori interinali».
La necessità nasce da numeri allarmanti in merito al fenomeno. «La stragrande maggioranza dei lavoratori interinali proviene da oltreconfine e viene impiegata nell’edilizia e nell’industria, due settori dove il tasso di disoccupazione SECO è superiore alla media generale ticinese. Dimostrazione che anche in questi settori esistono lavoratori residenti alla ricerca di un impiego", si legge nel testo dell'iniziativa, così come «il ricorso a lavoratori notificati a tempo determinato, le cosiddette assunzioni di impiego, ha registrato un forte incremento. Il lavoro svolto dalle assunzioni di impiego corrisponde al 60% del totale delle ore di lavoro fornite dai notificati».
«I lavoratori interinali sono meno protetti e più facilmente sfruttabili visto che generalmente chi si rivolge ad un’agenzia ha bisogno di lavorare ed è quindi più disposto a fare concessioni sulle condizioni di lavoro, gli orari, la paga»: e viene citato l'esempio di operai che hanno lavorato dalle 10 alle 11 ore sotto la canicola nel Mendrisiotto. Di essi, meno del 30% avevano un contratto a tempo indeterminato.
«Gli stessi responsabili delle agenzie interinali ammettono che i lavoratori a prestito, in particolare i frontalieri sono “più flessibili” e disposti ad accettare paghe con cui i ticinesi non arriverebbero a fine mese», scrivono Fonio e Jelmini. Il Consiglio di Stato ha già specificato di essere a conoscenza della situazione e del fatto che essa provochi precarizzazione e dumping, chiedendo di monitorarla e incanalarla con gli strumenti a disposizione. Il Consiglio Federale, per contro, ha risposto picche.
Dunque, se i contratti normali di lavoro non hanno arginato il fenomeno, per Fonio e Jelmini è ora di creare strumenti validi.