Politica
27.10.2015 - 11:280
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43
IRE, «vi sono dati di riferimento errati e questioni rimaste inevase?»
Lo chiedono in un'interrogazione al Governo Michela Delcò Petralli e Francesco Maggi. Molti le incongruenze fra i dati a disposizione e quelli utilizzati per redigere il tanto discusso studio
BELLINZONA - A distanza di diversi giorni, non si placano le polemiche e le domande in merito allo studio dell'IRE sui frontalieri.
Ora sono i deputati dei Verdi Michela Delcò Petralli e Francesco Maggi a interrogare il Governo, citando dati di riferimento errati, suffragati da grafici e statistiche, e punti rimasti secondo loro inevasi.
«Lo studio si basa, tra l’altro, su alcuni grafici, in particolare riguardanti la disoccupazione ILO, che sembrano, a prima vista divergere da quelli pubblicati in studi dell’Ufficio cantonale di statistica (USTAT). Sarebbe quindi opportuno effettuare una verifica della correttezza dei dati di riferimento dello studio IRE. Inoltre, e al di là delle polemiche sulle conclusioni e la metodologia adottata dall’IRE, che potranno essere valutati da esperti, rimangono senza risposta domande fondamentali relative alla situazione del mercato del lavoro ticinese». scrivono.
Dunque, domandano:
«1 – Quale è il mandato preciso affidato ai ricercatori dell’IRE? È stato chiesto agli autori di spiegare come mai, in una fase espansiva dell’economia cantonale, caratterizzata dall’aumento degli occupati, dei posti di lavoro, del numero dei frontalieri e della loro percentuale sul totale degli occupati, vi sia stato al contempo un aumento del numero dei disoccupati e del tasso di disoccupazione calcolati secondo i criteri dell’Organizzazione mondiale del lavoro (ILO)?
2 - lo studio è stato visionato da due esperti indipendenti (peer review), pratica in uso in tutti i campi scientifici? Si intende farlo?
3- Esiste un metodo scientifico – e semmai qual è - con il quale si possa determinare con certezza se vi è stata sostituzione dei residenti nel mondo del lavoro (intesa come la intende la SECO: licenziamento di un residente per assumere un frontaliere al suo posto)? Gli studi su questo tema divergono, come ha sottolineato anche la pubblicazione dell’IRE. Esiste un metodo scientifico per determinare come mai la crescita economica - aumento occupati e posti di lavoro - si rifletta in un aumento dei lavoratori frontalieri ma non della manodopera residente?
4– la concorrenza per l’eccesso di offerta di lavoratori stranieri che costituisce un ostacolo all’entrata nel mercato del lavoro dei residenti come condiziona lo sviluppo della disoccupazione e dell’occupazione nel nostro cantone?»
La domanda più importante, secondo chi scrive, è la quarta. Affermano di sapere, per dati certi, che la manodopera frontaliera ostacola la ricerca del lavoro per i residenti, e che la massiccia presenza di lavoratori da oltre confine prolunga il periodo in cui i ticinesi usufruiscono della cassa disoccupazione.
«Nei periodi di bassa congiuntura la disoccupazione aumenta in tutti i cantoni, nei periodi di alta congiuntura la disoccupazione diminuisce di più in alcuni cantoni dove il tasso è relativamente basso e dove la ripresa va a vantaggio dei senza lavoro. Dallo studio sulle differenze regionali della disoccupazione risulta che il tasso di disoccupazione e la durata corrispondente sono strettamente correlati con il numero dei lavoratori frontalieri in percentuale rispetto alla popolazione attiva. La differenza fra il tasso ticinese della disoccupazione di lunga durata calcolata secondo i criteri dell’Organizzazione mondiale del lavoro (ILO) e quello svizzero è ben visibile dal grafico pubblicato in uno studio dell’Ustat", continua la lunga nota. Dai che non appaiono nello studio IRE perché «non è stato utilizzato il tasso di disoccupazione di lunga durata ILO, ma la percentuale di disoccupati di lunga durata sul totale dei disoccupati ILO».
Anche la disoccupazione giovanile ticinese risulta il doppio rispetto a quella svizzera, ma nello studio i due dati non sono stati confrontati. Il Ticino è il cantone con la percentuale di frontalieri più alta, ed «è di vitale importanza capire se queste peculiarità ticinesi hanno un’incidenza particolare sul numero dei disoccupati, la durata della disoccupazione e gli ostacoli nell’entrata nel mercato del lavoro per i residenti. Se nei periodi di bassa congiuntura il numero dei disoccupati aumenta, mentre nei periodi di alta congiuntura la disoccupazione viene riassorbita più lentamente o non del tutto, il rischio è di ritrovarsi con un soglia incompressibile di disoccupati sempre più elevata».
L'IRE ha sottolineato un'impennata degli occupati in Ticino fra il 2009 e il 2010 ma, si domandano Delcò Petralli e Maggi, se «questa brusca risalita non sia determinata dalla diversa attribuzione dei frontalieri svizzeri (cittadini svizzeri residenti all’estero ma che lavorano in Svizzera) a partire dal II trimestre 2010 decisa dall’UST. Corretto da questo effetto eccezionale, come è variato il tasso di occupazione degli attivi residenti in Ticino».
Molti risultano, frontalieri a parte, sottoccupati.
Visti tuti questi numeri, concludono i due deputati, «occorre quindi determinare come la concorrenza nell’offerta esercitata dai lavoratori frontalieri influenzi la disoccupazione e l’occupazione dei residenti, tendendo conto in particolare del fatto che il Ticino ha una situazione del tutto particolare sia per quanto riguarda la disparità di popolazione con la Lombardia sia per quanto riguarda la percentuale di frontalieri sul totale degli occupati. Sarà necessario pure stabile come mai la crescita economica in questo cantone - aumento occupati e posti di lavoro - si sia tradotta in un aumento dei lavoratori frontalieri, ma non dei lavoratori residenti fra i quali, al contrario, aumenta la proporzione di disoccupati ILO. Solo così potremo adottare misure atte a correggere i disequilibri del mercato del lavoro ed evitare che una parte sempre più consistente di residenti si ritrovi esclusa dal mondo del lavoro e a carico dello stato».