Politica
14.12.2015 - 10:010
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43
Piero Marchesi,« se diventassi presidente dell'UDC... I francesi hanno la memoria corta»
Il possibile sostituto di Pinoja ha le idee chiare. «Dobbiamo essere più vicini alla gente e snellire l'organizzazione. La Lega? La collaborazione ha fatto crescere entrambi».
BELLINZONA - Il domenicale Il Caffè lo dà come futuro presidente dell'UDC: Piero Marchesi, da noi interpellato, spiega di star valutando se mettersi a disposizione oppure no, ma mostra di sapere cosa farebbe in caso fosse scelto.
Sarà lei il nuovo presidente dell'UDC?«Non lo so, sto valutando se mettermi a disposizione. Ci saranno altre persone in corsa, sarà il congresso cantonale a decidere e sapremo chi verrà scelto dunque il 24 gennaio. Le mie valutazioni attuali sono legate alle condizioni generali del partito, a questioni personali e lavorative ed anche ai rapporti con altri partiti. Comunque è più un sì che un no».
Se toccasse a lei, proseguirebbe con la linea di Pinoja oppure che cambiamenti vorrebbe apportare?«La formula portata avanti in collaborazione con la Lega si è dimostrata vincente e sono sicuro che valga la pena proseguirla. Bisogna profilare di più il partito sulle nostre idee di fondo ed essere più presenti sul territorio. Questo è forse l'aspetto che è stato tralasciato maggiormente negli ultimi anni e si deve fare in modo di essere più vicini alla gente. Poi va pensata una revisione a livello di struttura, con uno snellimento nell'organizzazione generale e dei distretti. Spesso abbiamo la struttura di un partito grande mentre non ne abbiamo ancora i numeri, per cui varrebbe la pena snellire per avere comunicazioni più immediate e efficaci verso tutti».
Citava la Lega: a che punto siete con loro? Usando una metafora, corteggiamento, fidanzamento, matrimonio o altro?«È una buona collaborazione. Alle federali ha portato dei risultati, facendo crescere sia noi che loro, e permettendoci poi di presentare un candidato per il Consiglio degli Stati che non ce l'ha fatta per poche migliaia di voti, e soprattutto un candidato per il Consiglio Federale. Norman Gobbi purtroppo non è stato eletto, però abbiamo fatto un passo avanti rispetto a quanto fatto da altri partiti. Non essere eletti è sempre una sconfitta, ma cinquanta voti hanno dimostrato che stiamo crescendo e siamo più considerati al di là del Gottardo. Di fusione non parlerei, è prematuro e non sono convinto che sia la soluzione giusta. Non dobbiamo farci prendere dall'entusiasmo, perché fino ad aprile avevamo i nostri diverbi soprattutto in merito alla politica cantonale. Ora si va d'accordo e cerchiamo di intensificare la collaborazione, valutando passo per passo».
Cosa pensa della sconfitta del Front National in Francia? «Probabilmente i francesi hanno la memoria corta. È passato un mese dagli attentati e non vorrei si fossero già scordati della minaccia che hanno in casa, così come ce l'ha tutta l'Europa, pur senza voler demonizzare tutto l'ambiente dell'Islam. C'è chi si integra, però gli integralisti sono un pericolo per l'Europa e anche per la Svizzera. I francesi sono tornati a votare come prima, sarà interessante capire che cosa succederà nel prossimo futuro. Mi aspettavo una conferma di Le Pen, magari non con numeri così importanti come al primo turno. Non è stata una débacle per la destra ma non c'è stata una conferma. Similitudini con quanto successo in Ticino al ballottaggio? Ci sono delle differenze. Da noi si è visto un soccorso della sinistra ad Abate, preferito addirittura al loro candidato. C'è sempre chi dà una mano ai candidati definiti "meno peggio", è la realtà della politica. Se un partito non ha reali possibilità di elezione sceglie chi è più vicino alle sue idee, ed è possibile che sia successo anche in Francia».