Politica
09.03.2016 - 12:260
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43
Minotti, «Del Don si è fatto votare da suoi pazienti, non aderenti UDC»
Il ricorso in Pretura è l'ennesimo capitolo dello scontro Ambrosini-Del Don. «Inoltre, concede facilmente l'invalidità, andando contro i principi del partito»
BELLINZONA - Ieri sera al comitato cantonale dell'UDC è scoppiata la bomba: Paolo Camillo Minotti ha fatto ricorso in Pretura, parlando di irregolarità nell'elezione di Piero Marchesi quale presidente il 24 gennaio scorso. Abbiamo contattato Minotti per capire che cosa lo ha portato a questa decisione.
«Noi abbiamo fatto un'istanza... ». Lo fermiamo subito: noi? Dunque c'è lo Zampino di Athos Ambrosini, candidato sconfitto da Marchesi e notoriamente ai ferri corti con Del Don? «Ho presentato l'istanza a titolo personale, con il suo accordo», si corregge. «A nostro avviso sono state commesse delle irregolarità».
Quali?«Del Don ha portato una ventina di persone, in parte suoi pazienti (in almeno due o tre casi ne siamo più che convinti), che non sono mai state aderenti all'UDC né si sono mai visti. Li ha certificati come presidente di una sezione comunale di Bellinzona che è totalmente inesistente e inventata di sana pianta. Non ha mai fatto riunioni e non si è mai costituita formalmente. Ci è stato riferito che dieci giorni prima del congresso Del Don voleva far firmare alla cassiera distrettuale come aderente della sezione di Bellinzona, pur essendo lei di Giubiasco, per farla diventare cassiera anche di questa sezione. Lei stessa ci ha detto che non esiste! Se fosse esistita, doveva essere comunicata sul giornale del partito, e io come consigliere comunale avrei potuto partecipare. Avevamo inoltre chiesto a Marchesi di darci la lista dei partecipanti al congresso del 24 gennaio, e non ha voluto, dicendo che l'aveva Pinoja. L'esito soprattutto della nomina di Del Don probabilmente è stata influenzata in modo determinante da questi aderenti farlocchi».
Ce l'avete, dunque, ancora con Del Don, giusto? È la sua nomina che contestate?«Per quanto mi riguarda, sì. Dietro a tutti c'è una questione annosa, dato che la dirigenza cantonale ha altre vedute. Marchesi segue la linea di Pinoja: si era voluto candidare Tuto Rossi alle cantonali, noi come sezione ritenevamo inopportuno politicamente presentare una persona con precedenti di una tale gravità, oltretutto riferita alla Banca dello Stato. Abbiamo dei riscontri di gente che per questo ha votato Lega e non UDC. E Marchesi prosegue su questa strada, puntando nel Bellinzonese su Del Don e Tuto Rossi. Con Del Don avevamo cercato di conciliare, ma poi il suo atteggiamento negli ultimi mesi ha portato allo scontro. Ora ha portato gente, beh... un po' labile. Un'altra cosa che non ci piace affatto è che egli abbia fama di psichiatra che cerca di far mettere in invalidità facilmente, il che va contro i nostri princìpi, visto che l'UDC predica il senso di responsabilità, la sussidiarietà e che lo Stato debba intervenire solo in casi seri. È una opinione condivisa da diversi nostri amici politici, che finora non avevamo mai espresso, ma ormai siamo allo scontro con Del Don (e con la dirigenza cantonale che si intestardisce a difenderlo) e quindi le cose vanno dette fino in fondo».
Qual è l'obiettivo del ricorso?«L'obiettivo è che Del Don non venga riconosciuto come vicepresidente cantonale, e che venga rispettata l'autonomia distrettuale e comunale, senza diktat e obblighi di mettere in lista persone per noi non raccomandabili o inopportune. Personalmente non ho nulla contro Marchesi, ho sostenuto Ambrosini ma posso convivere con lui. Anche togliendo una ventina di voti di falsi aderenti, sarebbe comunque presidente».
È stato Ambrosini a spingerla a inoltrare il ricorso?«Ne abbiamo discusso. Naturalmente condivide totalmente ma come ex candidato alla presidenza riteneva inopportuno farlo lui, perché si sarebbe detto che il candidato "trombato" non accetta il referto. Io l'avrei fatto comunque, fra amici politici è bello ottenere l'approvazione, ma ho agito di mia cognizione perché ritengo inaccettabili certi modi di fare, sono situazioni kafkiane e abnormi, inaccettabili».
Parlando con numerosi aderenti UDC, e tutti affermano che lei non si presenta mai alle riunioni, ce lo conferma?«È il rimprovero più assurdo e ridicolo che mi si possa muovere. Ero redattore del Paese fino al 2002, fui buttato fuori per dare il posto a Gianfranco Montù. Contemporaneamente, io avevo sostenuto Wyttenbach contro Soldati, e alle elezioni del 2003 diversi esponenti del seguito di Soldati chiesero di non votarmi, soprattutto a Lugano. Non fui rieletto, dunque ero fuori dal Paese, mettendomi in difficoltà professionalmente, ed anche dalla Direttiva. Non vado a riunioni di gremi di cui non sono membro».