Politica
01.08.2016 - 11:570
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43
Cattaneo non si ricandida. «Vorrei un partito meno invischiato con la Lega»
«Dobbiamo essere più profilato e senza peli sulla lingua di fronte alle tesi puramente ideologiche dei socialisti», ha detto Cattaneo. Spano e la "generazione Erasmus"
BIASCA - La prima notizia importante del primo d'agosto arriva dal PLR, riunito a Biasca. Il partito avrà presto un nuovo presidente. Rocco Cattaneo ha infatti annunciato la sua decisione di non ricandidarsi per la presidenza.
Da tempo Cattaneo era in dubbio e stava riflettendo se riproporsi o meno, dopo quattro anni al vertice. Ora è arrivata la sua scelta, dopo il Congresso cantonale del 2017 al vertice ci sarà qualcun altro.
«Lascio tranquillo di aver fatto il possibile e l'impossibile per il partito. Il mio lavoro finisce, ma i germogli di quanto fatto sono già visibili e i frutti li raccoglierà il prossimo presidente. In questi anni, infatti, ci siamo rinnovati, diventando più forti, e io non mi sono risparmiato», ha detto Cattaneo nell'annunciare la sua decisione, parlando di sentimenti contrastanti.
Il discorso del presidente ha toccato anche altri temi, partendo dal perché il PLR per la prima volta ha scelto di celebrare il primo agosto. «Se abbiamo deciso di festeggiare il Primo Agosto anche come Partito e non solo come cittadini significa che vogliamo copiare qualcuno? No. Perché lo spirito patriottico non è un’esclusiva di questa o di quell’altra forza politica (patriottismo non è nazionalismo) e oggi il PLR deve riappropriarsi dei valori su cui si fondano la nostra storia e la nostra convivenza».
Ricordando le personalità che hanno preso la parola in Ticino, ha espresso alcuni desideri, considerando che si tratta del Natale della Patria. Vorrebbe una Svizzera «più consapevole del valore delle proprie libertà, che un apparato legislativo sempre più complesso e una burocrazia ormai imperante stanno lentamente ma inesorabilmente soffocando», richiamando alla responsabilità imprenditori e politici a difesa del sistema economico, un paese «più giovane e frizzante: credo che dovremo ripensare il nostro modello di famiglia, per fare in modo che l’invecchiamento della popolazione venga compensato con nuove nascite», un paese «più attento e sensibile alla cultura e ai diritti delle minoranze linguistiche, alla Svizzera Italiana e Romancia che sono un condimento essenziale della nostra Nazione!». E a proposito di terrorismo, dopo aver ricordato Linda Casanova Siccardi, ha espresso la volontà di «impedire che questi fanatici si infiltrino nella nostra rete sociale, che diffondano tra i giovani le loro teorie farneticanti. Dobbiamo aumentare il controllo sulle attività che si svolgono nelle moschee e nei centri culturali islamici e dobbiamo dare ai nostri inquirenti, alla nostra intelligence, gli strumenti per contrastare efficacemente questa minaccia, individuando tempestivamente i potenziali terroristi sia tra chi già vive nel nostro Paese sia tra chi ci viene per motivi di vero o presunto asilo politico».
Per contro, vorrebbe «un Ticino più consapevole delle proprie risorse e del proprio potenziale di sviluppo economico e sociale. Più presente e propositivo a Berna, e cito qui l’esempio della clausola di salvaguardia proposta dal nostro Consigliere di Stato, Christian Vitta. Vorrei un Ticino più orientato al progresso, allo sviluppo e all’innovazione, che sappia cogliere le opportunità dell’era digitale. Opportunità che toccano il sistema della comunicazione ma anche il mondo del lavoro, penso allo sviluppo che avrà nei prossimi anni il telelavoro... Vorrei un Ticino che investa in progetti di mobilità, che promuova maggiormente la formazione, valorizzando le risorse di cui già dispone, USI, SUPSI, ma anche i poli di ricerca, dal Centro di calcolo alla biomedicina. Vorrei un Ticino che abbia il coraggio di mettere in cantiere in tempi brevissimi il progetto di un ospedale universitario unico dove concentrare la medicina di punta, pur senza smantellare le strutture regionali esistenti. Ma definendo delle chiare priorità. Vorrei un Ticino che promuova tra i giovani e tra le famiglie un cambiamento di mentalità sul piano della formazione professionale. Dobbiamo orientare i nostri ragazzi verso mestieri in cui c’è e ci sarà sempre più richiesta di figure professionali, dal settore sanitario a quello della meccatronica. Ma soprattutto, un Ticino senza paura».
Auspica un partito liberale che si concentri su «sviluppo economico, politica degli investimenti e salvaguardia del mercato del lavoro. Senza però dimenticare la scuola, la formazione e la ricerca, a cui ho già accennato. Senza dimenticare le finanze pubbliche e una fiscalità equa, non soltanto per i meno abbienti ma anche per le persone benestanti e le PMI, che sono una delle nostre principali risorse economiche. Senza dimenticare infine la mobilità. Vorrei un Partito più autodeterminato e capace di evitare invischiamenti con la Lega, capace anche di opporsi a certe scelte governative, e più profilato e senza peli sulla lingua di fronte alle tesi puramente ideologiche dei socialisti. Penso in special modo a temi come le finanze pubbliche, la fiscalità, il mercato del lavoro, la scuola e la sanità.
Vorrei un Partito che non sia ostaggio di nessuno, ma che sia libero di esprimere le proprie idee e i propri valori.E infine vorrei un Partito che sappia comunicare meglio, sia al proprio interno sia, e soprattutto, verso l’esterno».
Infine, l'annuncio della scelta di non ricandidarsi.
Ha poi parlato il presidente dei Giovani Liberali Radicali Ticinesi, Alessandro Spano, citando il momento di difficoltà e invitando a appellarsi al liberalismo e alle ricette liberali per uscirne. «Le ricette liberai hanno costruito uno dei migliori Stati al mondo. Non possiamo dunque abbandonare un approccio vincente nei momenti di crisi: il liberalismo è sempre di moda e porta con se molte soluzioni. Occorre semmai apportare dei correttivi perché le idee sono eterne, ma le dinamiche variano a seconda dello spazio e del tempo». Ha tratteggiato un ritratto dei giovani di oggi, «siamo la generazione Erasmus, siamo quelli con la valigia sempre pronta per viaggiare ai confini del mondo, siamo quelli che hanno il migliore amico gay e quelli del primo presidente americano nero, siamo quelli di Google e quelli della voglia matta di spaccare il mondo. Siamo anche quelli delle zero frontiere ma che faticano ad avventurarsi oltre Gottardo per nuove opportunità di lavoro a differenza dei nostri nonni, che la valigia di cartone l’hanno consumata. Siamo quelli che hanno grandi opportunità e che dovrebbero però sfruttarle fino in fondo». Ma «il giovane liberale radicale tira su le maniche e lavora. Non basta sperare e credere in un futuro migliore. Bisogna - e noi ci siamo! Anche nei numeri! - lottare e lavorare per il futuro di un paese che merita rispetto, impegno e dedizione».