Politica
15.11.2016 - 16:250
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43
Farinelli e Dadò, «siamo fiduciosi su "Prima i nostri"». I Verdi, «ma attenzione ai salari»
I due capogruppo si rammaricano per il tempo perso, per gli ecologisti «finalmente i nostri atti parlamentari saranno dissotterrati dalla polvere. Però annunciamo i posti vacanti agli URC»
BELLINZONA - Dopo litigi, botta e risposta, si può partire con la vera e propria discussione per applicare l'iniziativa popolare "Prima i nostri", tramite la commissione parlamentare istituita appositamente.
Se ne rallegrano, in un intervento congiunto, i capogruppo di PLR e PPD, Alex Farinelli e Fiorenzo Dadò. «Si è deciso di proporre la costituzione di una commissione parlamentare che prendesse in mano immediatamente i lavori sotto la sicuramente efficace e solerte conduzione del capogruppo UDC Gabriele Pinoja. Una commissione che naturalmente avrebbe potuto avvalersi di tutto l’aiuto necessario (Governo, amministrazione, esperti esterni) e che poteva convocare, coinvolgere e consultare chiunque, senza nessuna restrizione (sindacati, associazioni economiche)», spiegano. Il rammarico? «Aver perso qualche settimana preziosa in una discussione quasi surreale dove gli iniziativisti sembravano voler rinunciare a poter "tenere in mano il boccino" delegando il tutto a un non meglio precisato "tavolo tecnico", di quelli che normalmente vengono allestititi per non risolvere nulla, tirare alle lunghe e che impiegano dei mesi solo per organizzare le agende degli innumerevoli partecipanti». Si dicono poi fiduciosi che "nel termine di sei mesi si sapranno dare delle risposte alle legittime aspettative della popolazione ticinese», applicando la preferenza indigena nel settore privato.
Gabriele Pinoja, presidente della commissione, ha dichiarato alla Regione di voler subito presentare una mozione per l’attuazione del principio della preferenza indigena nel settore statale, parastatale e sussidiato. Felici dell'intento sono i Verdi del Ticino, che in una nota rilevano come «finalmente gli atti parlamentari presentati da Michela Delcò Petralli e dal Gruppo dei Verdi in Gran Consiglio usciranno dai cassetti e saranno dissotterrati dalla polvere. Quanto presentato da Pinoja fino ad ora non è nulla di nuovo, basti pensare all’iniziativa parlamentare generica e alla mozione del marzo 2015 (vedi allegati) in cui si chiedeva l’applicazione del modello di Ginevra non solo nel settore statale e parastatale, ma anche in quello sussidiato per gli enti di diritto pubblico, rimaste inspiegabilmente ignorate finora. Per quanto riguarda il settore sociosanitario e AET, il principio della preferenza indigena sul modello ginevrino sono già stati inseriti nel rapporto relativo ad una mozione di Gianni Guidicelli e nella legge su AET approvati dal Gran Consiglio».
Anche gli ecologisti, come Farinelli e Dadò, sono convinti che la sfida sarà l'applicazione della preferenza indigena nel settore privato. «Troppi imprenditori, con la scusa del “non si trova manodopera residente” o “i residenti non sono formati”, continuano ad assumere frontalieri con paghe inadeguate per il Ticino. Per questo i Verdi, oltre all’iniziativa per l’introduzione di salari minimi dignitosi, avevano già presentato un’iniziativa parlamentare elaborata per la modifica della L-rilocc il 17 ottobre 2011 chiedendo l’obbligo di annunciare i posti vacanti agli URC. La proposta è stata bocciata in giugno, anche da UDC e Lega. Un’altra iniziativa a questo scopo, presentata sempre dalla nostra coordinatrice nell’ottobre 2015 (vedi allegati), è anch’essa ferma nei cassetti e ci auguriamo che stavolta i promotori di Prima i nostri la sostengano senza accampare scuse».
Senza una segnalazione dei posti vacanti, per i Verdi è impossibile capire quanti sono i posti vacanti e assegnarli ai residenti. «Ancora oggi ci sono interi settori industriali dove la quasi totalità dei dipendenti sono frontalieri e dove addirittura i salari in alcuni casi sono calati fra il 2008 e il 2014, come la fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche, la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica o le industrie tessili e dell’abbigliamento. Anche in settori dove sono necessarie qualifiche, come ad esempio l’industria farmaceutica, i salari sono nettamente inferiori alla media svizzera e la percentuale di frontalieri è molto elevata. Alcuni di questi fanno parte dei settori definiti “promettenti” e sui quali il governo intende indirizzare il futuro sviluppo economico del cantone. Senza agire sui salari e senza introdurre criteri qualitativi chiari per le imprese che si stabiliscono da noi, la preferenza indigena rimarrà solo una pia illusione perché continueranno a svilupparsi settori basati su bassi salari accettabili solo da chi non vive sul territorio».