di Nicola Corti
Qualche considerazione lapalissiana attorno alla mia mancata rielezione in Gran Consiglio.
Il risultato resta lusinghiero (8. su 45), ma anche se il Partito non avesse perso un seggio, non sarei comunque rientrato in Parlamento, finendo in tal caso primo subentrante invece che secondo.
Avessi ottenuto gli stessi voti di quattro anni fai, sarei stato rieletto, conquistando addirittura il quarto seggio sottocenerino su sei. Vero! A mancare però non son stati tanto i voti personali interni (-17) quanto quelli esterni (-604). In tal caso, però, oltre a Simona Buri, il Gruppo avrebbe perso anche Daria Lepori.
Avessi ottenuto anch’io almeno 350 voti personali in più, avrei agguantato l’ultimo seggio sottocenerino, lasciando però fuori Simona Buri e anche Daria Lepori.
Il dato nudo e crudo è che dopo un quadriennio in Gran Consiglio il sostegno interno al Partito non è migliorato e non vi è stato abbastanza slancio neppure dall’esterno per veder confermata la mia elezione.
Peccato. Mi spiace. Ero pronto ad assumere la Presidenza della Giustizia e Diritti e avrei gradito proseguire i lavori in Costituzione e Leggi. È e rimane dunque una sconfitta personale.
Poi, per carità, ha ragione Fabrizio Garbani Nerini, quello del maschio bianco eterosessuale sulla cinquantina non era proprio uno dei profili su cui il Partito ha puntato, ma questo non giustifica in nessun modo, neanche dal punto di vista di una migliorata parità di genere, l’estromissione dal Parlamento anche di Simona Buri e di Gina La Mantia…
Vabbè, siamo sotto Pasqua: che si risorga oppure no, passerà!