LUGANO – In un articolo qualche tempo fa, dissi che mi ero sbagliata su Lara Gut. Ma probabilmente, e lo ripete a ogni piè sospinto, è anche cambiata Lara. Ora è una donna, non solo un’atleta. E se sembra un paradosso, sono le sue parole a spiegare, in un’intervista al Corriere del Ticino, il suo passaggio.
La notizia, di fatto, è sportiva: niente più combinata: “prepararla come si deve richiede troppo tempo, preferisco concentrarmi sul resto”, cioè discesa, superG e gigante.
Un passo indietro? Una scelta, si può leggere come si vuole. In ogni caso, la Gut parla ancora di sé. “Direi che dieci anni fatti esclusivamente di gare e allenamenti possono bastare, questa situazione iniziava a pesarmi. Stavo riducendo la mia vita a due cose: vinco e va tutto bene, perdo e va tutto male. Non mi chiedevo mai come stessi veramente. Prima dell’infortunio a St. Moritz ero arrivata al punto di conquistare una corsa e non provare nessuna gioia, nessun divertimento. Non riuscivo più a rendermi conto di cosa stessi facendo. Era pura routine. In uno sport individuale come lo sci è essenziale avere qualcuno con cui sfogarsi e buttare fuori tutto. Un tempo indossavo una maschera, nascondevo i miei problemi e me li tenevo dentro. Ora la maschera mi serve solo per proteggermi, non è più la mia seconda pelle”.
Anni di soddisfazioni e di sacrifici, che alla fine stavano pesando. Stavano trasformando la donna solo in un’atleta, fa capire. “Questa normalità non mi va più”.
L’infortunio ha cambiato tutto, “ho scoperto che al di fuori dello sci esistono cose diverse. È come se avessi capito che il mio mondo potesse essere differente. Adesso ho proseguito lungo questa strada mettendo al centro della mia vita non solamente le gare ma anche la famiglia, mio marito, l’essere donna”.
Poi, forse perché era pronta, è arrivato Valon Behrami. “Grazie a Valon ho ritrovato casa, il senso di appartenenza che provo verso la mia terra. È bello avere finalmente qualcuno accanto. Quando si è sereni e in pace con le persone che ti circondano anche il tuo lavoro diventa meno pesante. Probabilmente riuscirò a gestire meglio le delusioni sportive: mi auguro di arrabbiarmi solamente per un’ora se una gara dovesse andare male. Prima, invece, ci mettevo dei giorni a smaltire i brutti pensieri”.
Da atleta a donna, insomma. Quando “donna” comprende anche “atleta”.