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17.11.2022 - 16:290

Mondiali, Yakin fiducioso: “Possiamo battere anche il Brasile"

A una settimana dall’esordio, l’allenatore della nazionale svizzera è ottimista. Proponiamo l’intervista rilasciata a Bluesport e ripresa da L’Eco dello Sport

Giovedì 24 novembre la nazionale svizzera esordirà ai Mondiali di calcio in Qatar incontrando il Camerun. La squadra è convinta di essere in forma e fiduciosa, proprio come l'allenatore Murat Yakin. Lo ha intervistato Bluesport.

Gli ottavi di finale sarebbero un traguardo sufficiente, visto il difficile girone con il Brasile favorito e la Serbia?

“Siamo in un girone non facile, è vero, ma anche i nostri avversari sono preoccupati pensando alla nostra squadra. Ci siamo costruiti una posizione tale che persino una squadra come il Brasile ci guarda con attenzione. Non voglio mettere troppe pressioni sulla squadra, cerco di aiutarla ma sono anche convinto che questi ragazzi sono abbastanza bravi da battere il Brasile”.

Vista dall'esterno, la nazionale ha raggiunto il massimo della forma proprio nel momento giusto e si presenta come un gruppo unito. Qual era il piano dietro a tutto questo?

“Già dopo l’Europa e prima del mio insediamento c'era euforia. Il mio compito è stato innanzitutto quello di accelerare ulteriormente il treno in corsa con piccoli accorgimenti senza stravolgere tutto”.

Come ci siete riusciti?

“Mi sono preoccupato di rafforzare ulteriormente la squadra a livello mentale, soprattutto per le partite molto equilibrate, in cui il dettaglio fa la differenza. In questi momenti bisogna sentirsi sicuri dei propri mezzi. Se sai di aver vinto queste partite in passato e di poter contare al cento per cento sui tuoi compagni di squadra, tutto diventa più semplice”.

Insomma, il passato aiuta...

“Senza dubbio. Le vittorie contro Spagna e Portogallo nella Nations League e contro la Francia nel Campionato Europeo sono tutti pezzi del puzzle. Proprio come l'esperienza dei rigori contro la Spagna nei quarti di finale del Campionato Europeo. Allo stesso tempo, sono consapevole che la Coppa del Mondo è un'altra cosa. Si devono affrontare circostanze completamente diverse”.

Nell'ultima partita del gruppo, la Svizzera affronterà la Serbia, come nel 2018 - un evento molto emozionante per Granit Xhaka e Xherdan Shaqiri, che hanno radici kosovaro-albanesi e le cui famiglie sono state segnate dalla guerra tra Serbia e Kosovo. Quattro anni fa, in Russia, l'incontro è culminato nel cosiddetto "affare della doppia aquila", a causa della celebrazione del gol svizzero. Come si affronta questo tema delicato?

“La prepareremo molto bene, con una preparazione individuale accentuata. Vorrei però che questa partita restasse esclusivamente qualcosa di sportivo e non politico E vorrei che tutte le persone coinvolte la vedessero in questo modo”.

È facile dirlo…

“È vero, soprattutto in una partita in cui le emozioni saranno ancora più cariche di quanto non lo siano già in campo: in quei casi le paure e i sentimenti sono difficili da fermare. Chi non lo vive in prima persona ha difficoltà a capirlo”.

C’è qualche “trucco” per preparare al meglio queste partite?

“La cosa più importante è che tutti noi ci concentriamo sul nostro compito sportivo, con l'obiettivo di vincere questa partita. Mi aspetto che tutti diano il massimo, come in ogni altra partita. Non posso mettere troppo l’accento su questa partita, altrimenti rischio di far del male alla mia squadra invece di aiutarla”.

Pariamo un po’ di giocatori: la rosa della Svizzera è composta da giocatori importanti che giocano ormai ad alti livelli

“Un Manuel Akanji che si trasferisce al Manchester City e gioca molto lì può dare ancora di più alla nostra squadra. Un Granit Xhaka in forma all'Arsenal, così come un Breel Embolo in forma al Monaco, un Yann Sommer in questa forma o, cosa che spesso passa un po' inosservata, un Djibril Sow vincitore dell'Europa League.  Poi ci sono Silvan Widmer e Ricardo Rodriguez come capitani al Mainz e al Torino e Fabian Schär con una grande stagione al Newcastle. Tutto questo ci dà fiducia e aumenta le aspettative all'interno del team. Vedo questa costellazione come una fortunata coincidenza”.

In passato, c'è stata la divisione tra i Rösti nella squadra nazionale, poi la divisione tra i secondos e i cosiddetti "veri svizzeri", che i media hanno chiamato "divisione balcanica". E ora?

“Una volta era così, l'ho sperimentato io stesso. Oggi non vedo più nulla del genere. I giocatori nazionali ora si rispettano tutti e non si rimproverano il successo a vicenda. Credo che la generazione attuale non conosca più nulla del genere. Ecco perché la questione non dovrebbe essere riproposta.

Cosa ne pensa del fatto che i Mondiali di calcio si svolgano in un Paese come il Qatar, dove i valori occidentali di base non sono applicati, i lavoratori migranti sono sfruttati e l'omosessualità è vietata?

“Per le persone coinvolte, che dovrebbero essere concentrate al cento per cento sullo sport, è estremamente difficile fare una dichiarazione politica. In primo luogo, non abbiamo scelto noi la sede e, in secondo luogo, più parliamo di questo problema, più ci distrae. L'Associazione Svizzera di Calcio ha preso una posizione chiara sulla questione. Da oltre due anni lavora per ottenere miglioramenti sul campo e ha scritto una dichiarazione che sosteniamo pienamente. I giocatori e il sottoscritto siamo liberi di essere coinvolti direttamente o di concentrarci esclusivamente sullo sport. Ora sto optando per la seconda a causa del mio ruolo”.

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