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Dopo la batosta, Yakin si difende. "Retroguardia a tre? Deciso con i leader"
Il ct non ci sta a passare per l'unico colpevole della brutta sconfitta di ieri col Portogallo, che ha rifilato sei reti alla Nati. "La decisione ci pareva la migliore possibile, anche se non priva di rischi. I gol presi però non nascono da lì"

DOHA - A poche ore dalla partita, i sei gol incassati dalla Svizzera contro il Portogallo bruciano, eccome. Si poteva senza dubbio perdere contro una selezione ambiziosa e di livello come quella lusitana, ma non certamente 6-1 e non in quel modo. Il tanto atteso Mondiale termina dunque agli ottavi con tanta amarezza. Di chi è la colpa, se così si può dore?

Il ct Murat Yakin non ci sta a passare per l'unico colpevole. "Non sono il responsabile unico quando si vince e non lo sono quando la Svizzera perde", ha affermato oggi, con orgoglio.

A far discutere c'è stata la questione del modulo. Il tecnico ha deciso infatti di optare per una difesa a tre, mai provata prima, una scelta che ha fatto quanto meno sorgere qualche domanda: non era forse il momento migliore per una soluzione mai adottata. Ma Yakin ribadisce che non è stato un caso. "La questione è stata discussa con i leader del gruppo, giocare a tre non era una novità. Al contrario - e ovviamente tenuto conto della defezione non prevista di Widmer - volevamo mettere i diversi interpreti nelle migliori condizioni"

Dopo aver corso diversi rischi contro la Serbia, era chiara l'intenzione di rafforzare la retroguardia, soprattutto al centro. "Il piano ero chiaro. Ci sembrava il migliore in questa precisa situazione. Non quello meno rischioso, questo no, lo ammetto. Semplicemente non ha funzionato", ha aggiunto. Ha però ribadito che in particolar modo il primo e il secondo gol incassati non hanno nulla a che vedere col sistema di gioco. 

I calciatori, almeno da quanto traspare da qualche dichiarazione, non paiono appoggiare le parole del tecnico. Il suo futuro è in dubbio? Lui si augura di poter ripartire a marzo con la Nati, dopo la comprensibile amarezza post Portogallo. E Pier Tami ufficialmente non lo mette in discussione.

 

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