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L'economia con Amalia
06.02.2022 - 16:250

L'economia con Amalia: di inflazione, di tassi e... di burro

"L'aumento dei prezzi energetici e di quelli dei generi alimentari non si arresterà nel breve periodo"

di Amalia Mirante *

Apriamo la nostra sintesi settimanale dell'Economia con Amalia dando un'occhiata al contesto internazionale. La Banca Centrale Europea (BCE) ha deciso di mantenere i tassi di interesse invariati almeno fino a marzo quando valuterà i nuovi dati economici e le previsioni. Sarà soprattutto l'aumento dei prezzi a pesare. A differenza di quanto sosteneva fino a qualche settimana fa, anche la presidente Christine Lagarde ora parla di un'inflazione che durerà più a lungo del previsto (qui la definizione). Esattamente come abbiamo sostenuto nelle nostre newsletter negli ultimi mesi.

 

L'aumento dei prezzi energetici e di quelli dei generi alimentari non si arresterà nel breve periodo. Gli ultimi dati pubblicati dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) confermano un tasso di inflazione in dicembre per i 38 paesi membri del 6.6%. Questo dato non era così elevato da oltre 30 anni (dal luglio 1991). In Svizzera l'inflazione risulta sì in crescita, ma ancora a livelli contenuti (in dicembre su base annua si parlava di un +1.5%).

 

Ma come cambia nel tempo il "carrello della spesa" del consumatore medio di una nazione? In attesa di leggere la prossima settimana le modifiche nell'indice dei prezzi al consumo svizzero (IPC), diamo un'occhiata a quanto successo a quello italiano. L'Istat (l'Istituto nazionale di statistica italiano) comunica che anche quest'anno la pandemia ha modificato le abitudini di consumo delle famiglie italiane. Questo si ripercuote nella struttura della spesa per consumi; per dirla in parole più semplici, nel carrello della spesa.

 

Conoscere la domanda dei consumatori è molto importante per monitorare l'andamento dei prezzi, ma anche per capire in quali settori le vendite si riducono. Questo potrebbe causare la scomparsa di alcuni beni o servizi e con loro la sparizione di alcune professioni. Pensate per esempio ai produttori di zoccole in legno o ai lustrascarpe o ancora ai videoregistratori. Dopo che l'anno scorso erano stati introdotti mascherine e disinfettanti, quest'anno entrano nell'indice dei prezzi al consumo italiano i test sierologici, quelli molecolari, quelli rapidi e pure il saturimetro (l'oggetto che misura l'ossigeno nel sangue). Ma troviamo anche dei nuovi beni che dipendono dalle modifiche delle abitudini professionali (telelavoro) o sociali legate alla pandemia: la sedia da computer, il poke take away (cibo da asporto) e il tappetino da ginnastica. Notiamo anche, purtroppo, l'entrata della psicoterapia individuale che potrebbe essere anch'essa una conseguenza della pandemia. Insomma, le abitudini cambiano.

Tassi di interesse, segnali di crescita

E cambiati sono i tassi di interesse di riferimento in Gran Bretagna. La Bank of England (BoE) ha deciso dopo il primo rialzo del dicembre scorso di aumentare nuovamente il costo del denaro portandolo allo 0.5%. Era dal lontano 2004 che non avveniva un aumento consecutivo dei tassi. Ma l'azione della Banca Centrale inglese non si ferma qui. Vista la previsione di un aumento dei prezzi del 7% nei prossimi mesi, ha deciso di fermare l'acquisto di titoli pubblici e privati (tapering).

 

Negli scorsi mesi avevamo parlato della politica monetaria espansiva messa in atto da quasi tutti gli Stati per sostenere l'economia durante la crisi legata al Covid-19. In parole molto semplici le banche centrali per immettere liquidità nel sistema economico e stimolare le attività di consumo e investimento comperano titoli finanziari (è un po' come se stampassero moneta). Questo viene fatto quando i bassi tassi di interesse non sono sufficienti a stimolare l'economia. È dal 2012 che questa politica economica va avanti. A onor del vero, alcune voci critiche in passato si erano levate sostenendo che questa manovra espansiva avrebbe causato una forte inflazione. Ora, come spesso succede ai fenomeni economici, non sappiamo se effettivamente questa inflazione sia riconducibile solo alla politica monetaria espansiva anche perché in questo decennio abbiamo vissuto molti altri avvenimenti, tra cui una pandemia mondiale.

 

Tornando alla questione del disimpegno dagli acquisti, anche la Banca Centrale americana (FED) e quella europea (BCE) hanno già annunciato questo tipo di riduzioni. Bene, in teoria tutto funziona: se costa di più indebitarsi e rende maggiormente risparmiare, la domanda si riduce e i prezzi scendono. Attenzione, però. La sola possibilità di un aumento dei tassi di interesse messa in atto contemporaneamente al tapering ha già avuto altre conseguenze, soprattutto sui Paesi con un debito pubblico elevato. Per esempio, lo spread italiano è aumentato (la differenza tra il tasso di interesse che deve pagare la Germania sui suoi debiti rispetto a quello che paga l'Italia). Per semplificare questo significa che lo stato italiano pagherà di più per il suo debito pubblico che ricordiamo è di circa 2'700 miliardi di euro, pari al 160% del Prodotto interno lordo, ossia 1.6 volte il valore della produzione annuale del Paese (a titolo di paragone la Svizzera si situa sotto al 30%).

Manca il burro...

E di produzione inferiore alla domanda parliamo nell'ultima notizia. Abbiamo appreso dall'Ufficio Federale dell'Agricoltura (UFAG) che purtroppo anche quest'anno in Svizzera non ci sarà abbastanza burro. Per evitare che il burro indigeno finisca verso la fine dell'estate lasciando tutti noi a bocca asciutta, l'Amministrazione federale ha aumentato il contingente doganale per l'importazione di 1'000 tonnellate aggiuntive (in parole semplici è possibile importare più burro dall'estero per venderlo qui).

Già nel novembre del 2019, l'UFAG aveva messo all'asta un contingente di 100 tonnellate per il 2020, aumentate nel corso dell'anno più volte. In quel periodo avevamo avevamo associato questa mancanza al confinamento e all'impossibilità di fare acquisti all'estero. Ma la situazione si è ripetuta nel 2021 e probabilmente si ripeterà anche quest'anno. Quindi il problema va cercato nella filiera produttiva. Ma come è possibile che non ci sia abbastanza latte con tutte le mucche che vediamo pascolare? In realtà, il latte c'è solo che lo usiamo per produrre i formaggi e quindi si verifica una carenza di materia prima per la fabbricazione del burro.

 

Nonostante questo, leggiamo la bella notizia che la nostra Lati di Sant'Antonino comincerà la produzione di burro locale: tanti auguri! L'argomento dei dazi all'importazione sui generi alimentari (quindi di tasse che rendono più costosi i prodotti se li comperiamo all'estero) è uno dei tasselli più importanti della politica di protezione all'agricoltura messa in atto in Svizzera. Ce ne occuperemo in un articolo in futuro, ma se avete tempo date un'occhiata al rapporto agricolo dove potrete scoprire molte cose interessanti.

* economista 

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