Di Amalia Mirante *
Anche questa settimana la nostra sintesi dell'Economia con Amalia inizia con uno sguardo alla situazione internazionale. La situazione economica in Germania non presenta grandi segnali di miglioramento: l'indice dei prezzi alla produzione, seppur mostrando un rallentamento nell'aumento mensile (dal 2.8% di aprile all'1.6% di maggio), segna una crescita rispetto all'anno precedente del 33.6%. E non a caso anche l'indice tedesco sulla fiducia IFO (Information und Forschung, che si basa su una indagine condotta su 7'000 aziende) indica valori vicini a una stagflazione, situazione di crisi economica con presenza contemporanea di inflazione e disoccupazione.
Anche in questo caso, quindi si conferma quanto scritto la settimana scorsa sulle difficoltà di frenare la corsa dell'inflazione. Difficoltà che incontra anche la Gran Bretagna, in cui i dati appena pubblicati parlano di un aumento dei prezzi al consumo del 9.1%, nuovo record negli ultimi 40 anni. Così le vendite al dettaglio nel mese di maggio segnano un -0.5% rispetto al mese precedente e ben -4.7% rispetto a un anno fa. Vero che allora eravamo in piena euforia da fine dei confinamenti, ma la riduzione rimane importante. E le cose non dovrebbero migliorare nei prossimi mesi dato il 15.7% di aumento dell'indice dei prezzi alla produzione. E la corsa al rialzo non avviene solo nei paesi Occidentali.
Anche il Giappone, economia che conosce storicamente una stabilità dei prezzi quasi stagnante, ha registrato nel mese di maggio il record da 7 anni a questa parte con un incremento del 2.5%. Insomma, quella che doveva essere a detta di molte autorità una leggera e temporanea inflazione, inizia a far tremare la maggioranza delle Nazioni.
Auto a benzina e diesel, un divieto che fa discutere
E a tremare non sono solo le Nazioni, ma anche le loro decisioni, in particolare quella proposta dall'Unione Europea di vietare l'immatricolazione di automobili a benzina e diesel a partire dal 2035 consentendo solo la vendita di auto elettriche. Il primo ad opporsi pubblicamente a questo divieto è stato il Ministro delle finanze tedesco Christian Lindner, anche se è stato immediatamente smentito dalla portavoce del Ministro dell'Ambiente. Ma al di là degli scontri politici che ci saranno in Germania, molti produttori del settore hanno dichiarato che andranno avanti a sviluppare motori termici al di fuori dell'Unione Europea e questo per servire altri mercati che non per forza seguiranno questa strada. Nel frattempo, Italia, Bulgaria, Portogallo, Romania e Slovacchia, hanno chiesto di posticipare il divieto di 5 anni, al 2040.
Se nessuno ha dubbi sul fatto che la transizione ecologica deve avvenire, molti ne rimangono sui tempi, sulla possibilità di farlo esclusivamente a vantaggio di alcune tecnologie rispetto ad altre e sulle modalità. Per il momento, la fretta e la paura di rimanere senza fonti energetiche fossili, ha portato molti Paesi a fare un passo indietro di 20 anni, anziché uno in avanti. Il rinvio dello spegnimento di centrali nucleari come in Belgio o la riapertura di centrali a carbone in Austria e Germania mostrano quanto sia necessario per la politica al di là dei grandi proclami valutare a fondo le reali possibilità di realizzare i progetti. Tutti noi vorremmo la sostituzione immediata con automobili non inquinanti, ma questo potrà avvenire solo quando da una parte la tecnologia ci consentirà di fornire energia per tutti e soprattutto quando i prezzi saranno tali da permetterne l'acquisto in tutte le parti del mondo. Nei nostri calcoli in effetti, non dobbiamo dimenticare che l'Europa conta circa 750 milioni di abitanti su 8 miliardi totali, meno del 10%. Questo non significa che non si possa essere i primi a intraprendere certi passi, ma non bisogna nemmeno ometterlo quando si tratta di politiche che riguardano l'intero globo.
Parità tra uomini e donne nello sport
Tra le politiche che dovrebbero riguardare l'intero globo, una è quella della parità tra uomini e donne. Messaggi positivi arrivano, non tanto dalla politica, quanto dallo sport. Così leggiamo che qualche giorno fa il Comitato Olimpico Internazionale ha messo l'accento sulle questioni egualitarie, impegnandosi in vista delle Olimpiadi invernali di Milano Cortina sul numero di atlete e sulle discipline. È prevista la partecipazione di 2'900 atleti, di cui 1'362 donne (il 47%); sul fronte delle gare, se ne svolgeranno 54 maschili, 50 femminili e 12 miste. Certo, c'è ancora molto lavoro da fare, ma anche i piccoli progressi vanno segnalati. E alcuni si vedono pure nelle retribuzioni. Un mese fa negli Stati Uniti è stato raggiunto un accordo storico tra la federazione calcistica e le nazionali maschile e femminile: stipendio base uguale per calciatori e calciatrici, divisione dei fondi provenienti dalle sponsorizzazioni in maniera equa tra la squadra maschile e quella femminile e stesso premio in caso di partecipazione alla Coppa del Mondo. Naturalmente per le questioni strutturali come la promozione e il sostegno alle attività sportive e l'adeguamento delle infrastrutture e dei campi di gioco e allenamento ci vorrà più tempo, ma anche questi sono stati oggetto dell'accordo. E pure in Svizzera qualcosa si sta muovendo. L'Associazione Svizzera di Football e Credit Suisse, sponsor principale, hanno deciso che uomini e donne riceveranno lo stesso premio in caso di qualificazione o vittoria di manifestazioni come i Mondiali o gli Europei. Anche in questo caso rimane molto da fare per garantire parità nel poter scegliere e praticare uno sport, ma almeno qualcosa nello sport si muove nella direzione giusta.
Direzione che è tutto fuorché giusta quella che ha preso la Corte Suprema degli Stati Uniti che di fatto non rende più legale l'aborto a livello nazionale. Questo significa che devono essere i singoli Stati a decidere sull'interruzione di gravidanza. E molti hanno già fatto marcia indietro, negando questo diritto alle donne. Sono tante le manifestazioni di piazza e gli scontri che stanno avvenendo negli Stati Uniti. Non saranno mesi facili quelli a venire, soprattutto per le donne che oltre a dover affrontare scelte dolorose come quella di un aborto, dovranno anche pensare di farlo illegalmente o nella migliore delle ipotesi trovare il denaro per andare in un altro Stato.
E finiamo la nostra domenica con un po' di dolcezza. Nel nostro articolo settimanale "Cosa ne sarà dell'identità svizzera se perdiamo anche il Toblerone?" parliamo della decisione di iniziare a produrre il nostro Toblerone anche in Slovacchia e delle conseguenze sulle denominazioni di origine del prodotto, come il famoso marchio Swiss made. In un mondo sempre più globalizzato sono pochi i prodotti che mantengono la proprietà nazionale e la produzione in quest'ultima. Tra questi però noi possiamo vantare il nostro coltellino svizzero Victorinox. E proprio a lui e ad altri prodotti simili auguriamo lunga vita!
* economista