di Niccolò Salvioni *
L’evento internazionale relativo alla ricostruzione dell'Ucraina (URC2022), organizzato dal Dipartimento Federale degli Affari Esteri in Ticino, con la collaborazione di tutte le forze di sicurezza federali, cantonali e comunali, tra il 4 e il 5 luglio scorsi, a Lugano, rappresenta un’anomalia nel contesto della politica di neutralità Svizzera a seguito della completa assenza di rappresentanti russi, quali co-belligeranti.
La comunicazione del presidente Ignazio Cassis, in chiusura dell’URC2022, di volere più che raddoppiare il budget allocato alla ricostruzione dell’Ucraina dalla Svizzera a 100 milioni di franchi entro la fine del 2023 non ha ridotto l’interesse dell’Ucraina nei confronti dei 6.7 di miliardi di franchi di fondi russi per ora congelati in Svizzera.
Il tema della confisca dei beni russi congelati in Svizzera sfugge - per ora - al potere della politica e rientra in quello della giustizia e della legge svizzera sugli embarghi, quest’ultima di competenza del parlamento elvetico, non dell’esecutivo.
Alla fine della conferenza, organizzata dalla Svizzera e dall’Ucraina quali co-ospitanti, 40 rappresentanti di paesi “partner” oltre a 5 enti internazionali o sovraregionali, hanno firmato un documento politico, non giuridicamente vincolante, intitolato “Dichiarazione di Lugano” tracciante il quadro politico per la ricostruzione dell’Ucraina.
La conferenza di Lugano si iscrive nella nuova «neutralità cooperativa» varata dal Consiglio federale il 28 febbraio scorso con la decisione di seguire le sanzioni economiche contro persone ed entità russe decise dall’Unione Europea, quale principale partner commerciale elvetico.
Svizzera ostile
Il 7 marzo 2022, la Russia ha inserito la Svizzera a un elenco di 48 Paesi (Elenco dei Paesi ostili) "che hanno commesso atti ostili contro la Russia, le sue aziende e i suoi cittadini in relazione alle sanzioni economiche dovute alla guerra in Ucraina".
Queste contromisure comprendono restrizioni alle importazioni e alle esportazioni, la sospensione o la cessazione della cooperazione internazionale o la privatizzazione dei beni privati. La Russia accetterebbe solo il rublo come pagamento per le esportazioni di gas naturale verso i Paesi inclusi nella lista dei Paesi ostili.
I sostenitori dell'Ucraina hanno proposto due percorsi per la vittoria. La prima passa per l'Ucraina. Con l'aiuto dell'Occidente, si sostiene, l'Ucraina può sconfiggere la Russia sul campo di battaglia, esaurendo le sue forze attraverso il logoramento o superandola con astuzia. La seconda strada passa per Mosca. Con una combinazione di vantaggi sul campo di battaglia e pressioni economiche, l'Occidente vuole convincere il presidente russo a porre fine alla guerra o a convincere qualcuno della sua cerchia a sostituirlo con la forza.
La Svizzera, aderendo alle sanzioni dell’Unione Europea, appoggia esplicitamente la seconda via di pressione economica contro Mosca, neutralizzando così il proprio dovere di neutralità ed imparzialità nei confronti della Russia.
L’attuale conflitto russo - ucraino si colloca per ora in un contesto completamente diverso rispetto alle due guerre mondiali passate: si trova ai margini esterni dell’Unione Europea, quindi lontano dalla Svizzera, su territorio di uno Stato che non fa parte dell’Unione Europea, ma che è sostenuto - anche militarmente con forniture di materiale bellico - dall’Unione Europea, da taluni suoi Stati oltre che dalla NATO. L’appoggio, anche militare, oggi, è talmente massiccio da poterlo considerare - per ora solo de facto - un inizio di alleanza contro la Russia.
Oggi, una piattaforma di dialogo neutra, nel centro dell’Europa, tra belligeranti russo - ucraino, sarebbe quanto mai necessaria. La Svizzera, a seguito delle sanzioni adottate e della sua singolare decisione di “seguire i valori occidentali”, essendo stata inserita nell’Elenco dei “paesi ostili”, ha pregiudicato pesantemente la possibilità di poter fungere da mediatrice.
La Svizzera, assumendo un ruolo attivo di partner dell’Ucraina quale belligerante, ad esclusione della Russia, in questi mesi è ripetutamente venuta meno al suo ruolo di paese neutrale tra i contendenti ed indipendente rispetto ad essi. Con tali azioni il Consiglio federale è riuscito a neutralizzare la neutralità svizzera in rapporto alla Russia, che l’ha listata “paese ostile”.
Anche la conferenza di Lugano (analogamente alle sanzioni economiche) è stata considerata non lesiva della neutralità svizzera da parte del Consiglio federale.
D’altronde, l’abbiamo constatato, la politica di neutralità elvetica (come d’altronde lo è lo stato di guerra) è fondata sulla politica, più che sul diritto. Quest'ultimo esercita un ruolo marginale in tale contesto. Il Consiglio federale e l’amministrazione federale hanno un ampio margine di valutazione politico, non giuridico, nel concretizzare e plasmare la politica di neutralità Svizzera.
La posizione dell’Unione Europea e della NATO, contro la Russia, con l’adozione di sanzioni economiche sempre più stringenti, funzionali all’inizio di alleanza militare de facto, dall’estensione ed incidenza straordinaria nei confronti non solo delle persone ed entità colpite ma anche di tutti i cittadini russi, progressivamente hanno isolato il territorio russo e i suoi abitanti dall’Europa, dall’Occidente e dalla Svizzera.
Le sanzioni economiche europee, applicate dalla Svizzera, hanno separato ed allontanato la Russia, la Bielorussia e i loro cittadini, fisicamente (divieto sorvolo aereo), economicamente (blocco SWIFT, segnalazione conti bancari russi sopra i 100'000 franchi) e culturalmente.
L’allontanamento in atto della Russia, alla quale la Confederazione elvetica partecipa, si iscrive nella crisi dell’ordine internazionale liberale, sviluppatosi durante la guerra fredda.
L’esclusione economica della Russia dall’Occidente, da parte dell’Europa e della Svizzera, ha indirizzato la Russia verso la Cina e i rimanenti paesi non allineati alle sanzioni che rappresentano l’84% della popolazione mondiale e il 39% del Prodotto Interno Lordo mondiale (stima del Wilson Center del 10 maggio 2022), l’hanno accolta a braccia aperte, mentre ora all’Europa - e alla Svizzera - non resta che rimanere ad assistere alla progressiva fine del progetto d’integrazione euroasiatico.
Missione umanitaria del neutrale
La missione del neutrale sarebbe un’altra: favorire la pace tra i belligeranti, garantendo l’impegno costante di comportarsi in modo neutrale ed indipendente.
L’obiettivo di uno stato neutrale non dovrebbe essere quello di promuovere la ricostruzione del campo di un belligerante quando un conflitto non è ancora concluso, bensì di evitare che, continuando i belligeranti a combattere tra loro, vi siano ulteriori morti e feriti tra soldati e civili di entrambe i campi, non solo a tutela di uno dei contendenti. Ciò a garanzia di tutte le vite, militari e civili, coinvolte direttamente o indirettamente nel conflitto, non solo quelli di una parte. Al neutrale, in guerra, dovrebbero contare tutte le vite umane nel teatro degli scontri, non solo quelle degli Stati che seguono i “valori occidentali”.
La Svizzera, fa bene ad aiutare – anche - l’Ucraina, ma il suo pedigree di neutrale le imporrebbe di fare di più: aiutare anche la Russia e la sua popolazione prossime e nelle aree di Guerra a superare i duri momenti di conflitto.
Le vite di entrambe i fronti hanno pari dignità. Tale dignità non può essere limitata alle forze filo-occidentali né può essere esclusa per un belligerante sostenendo che questo ha avviato un’aggressione non giustificata. Un tale giudizio spetta, semmai, in futuro, ad una Corte di giustizia non ai poteri esecutivi di governo, e men che meno la Svizzera può avventurarsi in simili pregiudizi, poiché neutrale. Non ne avrebbe il diritto.
Effetti della neutralizzazione della neutralità
La Svizzera, negli ultimi decenni, sembra non essere stata capace di mantenere una forza di deterrenza militare sufficiente per difendere il proprio territorio e sostenere le proprie decisioni sovrane di politica di neutralità nel contesto del nuovo ordine mondiale multipolare.
La Svizzera, nell'attuale configurazione di forte dipendenza economica, politica e militare europea, sembra avere perso ogni margine di manovra per lo sviluppo di una politica di neutralità sovrana quale Potenza protettrice indipendente ad estensione multipolare.
Il mantenimento di tale qualità super partes sarebbe stata la posizione coerente con gli scopi originari della neutralità quale istituto di diritto pubblico internazionale di guerra e quale strumento di mitigazione delle sofferenze e di risoluzione della guerra in atto, oltre quale atto giuridico di riconoscimento nei confronti della Russia quale firmataria e garante della neutralizzazione elvetica del 1815.
La distorsione della neutralità attuata dal Consiglio federale, ha privato la comunità internazionale dei benefici del territorio elvetico quale zona neutra di dialogo tra poli d‘influenza in Europa, ai suoi confini ed oltre, proprio quando questa sarebbe più necessaria. Questa scelta rappresenta una momentanea negazione della storia di apertura multilaterale della Svizzera che aveva sancito il suo successo umanitario, diplomatico e negoziale nei secoli.
La nuova, provvisoria, “neutralità cooperativa” svizzera, basata su un sistema sanzionatorio economico della Russia e della sua popolazione quale belligerante, unito a misure di sostegno alla ricostruzione in partenariato unipolare con l’Ucraina quale altro belligerante - siccome maggiormente vicina ai "valori occidentali" - rappresenta una forma di “neutralizzazione della neutralità”, utile ai fini politici del fronte degli Stati partner allineati contro la Russia. Paradossalmente, non serve per migliorare la sorte delle persone, militari e civili, abitanti presso i due belligeranti coinvolti nel conflitto, né per contribuire a fare terminare anzitempo la guerra ed evitare ulteriori distruzioni.
Questa nuova variante storica di neutralità sembra privare la Svizzera della facoltà di fungere da piattaforma internazionale per buoni uffici, da Potenza protettrice, quale efficace promotrice - diretta ed indiretta - di attività di neutralità attiva multipolare sui territori di tutti i belligeranti coinvolti e quale voce critica super partes nei confronti delle quasi monocordi politiche di guerra degli esecutivi occidentali, le cui decisioni, fino ad oggi, salvo rare eccezioni, la Confederazione elvetica ha ritenuto di dovere seguire.
* avvocato