di Simona Genini*
Ci siamo adagiati un po’ troppo nella nostra condizione di benessere? È una domanda ricorrente tra chi cerca di ritrarre il volto della Svizzera di domani. Se è vero che siamo un Paese estremamente prospero e innovativo, negli ultimi anni ci stiamo tuttavia chiedendo se proprio questo livello di benessere sia in realtà un freno alle delle quali il Paese avrebbe urgente bisogno.
Esempi noti a tutti sono le discussioni inconcludenti sul sistema pensionistico o sui costi della sanità, con un succedersi di micro-riforme che ben presto mostrano i propri limiti e non ci permettono di guardare serenamente al futuro.
Da questo punto di vista, il Ticino non si comporta meglio della madrepatria. Anche il nostro panorama politico è dominato da logiche di breve periodo, mentre che le grandi sfide vengono lasciate sullo sfondo – a incombere sul futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti.
Uno dei motivi di questa inazione risiede nella struttura stessa del nostro sistema politico, che rappresenta un unicum a livello nazionale. In tutti gli altri Cantoni il Consiglio di Stato è eletto con il metodo maggioritario mentre che in Ticino vige ancora il sistema proporzionale. Nell’attuale scenario elettorale, il passaggio al maggioritario comporterebbe verosimilmente di passare da 4 a soli 3 partiti di governo. Occorrerebbe dunque costruire larghe coalizioni attorno a programmi condivisi, a tutto vantaggio della chiarezza verso l’elettorato ma anche e soprattutto di un’accresciuta governabilità del Cantone fondata su un’ampia legittimazione popolare.
Non occorre dire quanto bene farebbe al Ticino il passaggio a un Governo eletto con il sistema maggioritario. In primo luogo, ci potremmo finalmente liberare dalla nostra imbarazzante unicità – eredità di un passato politico turbolento, che per fortuna abbiamo superato. Secondo aspetto, ben più importante: questa piccola rivoluzione permetterebbe di bonificare il nostro clima politico, visto che imporrebbe a tutti di distanziarsi dall’attuale cultura del compromesso ad ogni costo.
Se sarò eletta in Parlamento, di sicuro collaborerò con tutte le forze politiche che (fin qui soltanto a parole) hanno mostrato di auspicare una riforma della nostra Legge elettorale.
In più, non vedo l’ora di portare una proposta collaterale: vista la crescente proliferazione di partitini, spesso orientati all’ostruzionismo più che alla costruzione, credo sia il momento di dotarci anche di una soglia di sbarramento per l’ingresso in Parlamento – a tutto vantaggio dell’auspicata governabilità del Paese.
*candidata al gran consiglio per il PLR