Sport
18.06.2017 - 09:000
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43
Un bacio alla maglia che non significa fedeltà. Benvenuti nel mondo del calcio senza bandiere
Donnarumma, portiere 18enne con un grande futuro davanti, non rinnova col Milan. I tifosi si sentono traditi. E pensare che suoi padri potrebbero essere Totti, Zanetti, del Piero o Maldini... cronaca di tempi passati
MILANO – In molti dicono che i problemi del mondo, dopotutto, non sono quelli. E in effetti, soprattutto dopo aver visto le immagini della torre bruciata a Londra, e la notizia dei due giovani italiani, emigrati per cercar lavoro, morti nel loro appartamento, non si può che dar ragione. Ma il tifo sportivo a volte sublima certe emozioni e le condensa, permettendo di esprimerle tutte assieme. Gioia, dispiacere, frustrazione, rabbia, emozione.
Dunque, il caso Donnarumma non passa inosservato. Chi è costui, per chi non fosse calciofilo? Un giovanissimo portiere, appena 18enne, che debutta in Serie A con la prestigiosa maglia del Milan e para, para di tutto, sino a diventare in pochissimi mesi uno dei migliori portieri italiani, in una nazione che di estremi difensori ne sa qualcosa. L’erede di Buffon, nessuno lo nasconde.
E il Milan sogna, protetto dalle sue mani magiche. Pensa di avere in casa il futuro. Un portiere può giocare quasi vent’anni, basti vedere Buffon, o anche qualcuno meno, ma che nel calcio sono secoli. Gli propone un rinnovo con cifre che chiunque a quell’età firmerebbe senza pensarci due volte, con il titolo di portiere del futuro di uno dei club più prestigiosi del mondo, quello che, spiega il ragazzo, ha sempre tifato da bambino. Una storia senza svolgimento, che passa direttamente al lieto fine, ovvero alla firma?
Nossignori, perché non si è fatto il conto che il calcio non è più quello di una volta, e che il procuratore di Donnarumma è un certo Mino Raiola. Così, il giovanissimo decide di non firmare, e col club è rottura. Aveva baciato la maglia, per i tifosi è il tradimento più grande. Vogliono spiegazioni, insultano, si spingono magari all’eccesso. Però non lo vogliono più, a partire sin d’oro. E poco conta il fatto che mezza Europa è sulle tracce del baby, compresa la Juventus, in quella che sarebbe la beffa più atroce.
Le bandiere, si dice, non ci sono più. Eppure qualche settimana fa, in lacrime, si è salutato Totti. Una vita, una carriera in giallorosso, il pianto a doversene andare, quasi cacciato, perché altrimenti lui, probabilmente, a dispetto dell’età, sarebbe rimasto ancora. Prima di lui, Del Piero, Maldini, Zanetti. Un’altra generazione?
Calcolando che loro hanno una quarantina d’anni e Donnarumma solo 18, sì. Insomma, potrebbero essere i suoi padri. Vent’anni, e un calcio che ai sentimenti ha dato, letteralmente, un calcio. Cosa resta? I giocatori passano, la maglia resta, si dice. Ed è così, oltre le categorie, oltre i campioni, se si è veri fans. Ma questo non mette balsamo sulle ferite dei tifosi del Milan, almeno non ora.
Le belle favole non esistono più. Una l’abbiamo in casa, il Lugano che farà l’Europa League, e dopo essersi qualificato con Tramezzani, un altro da toccata e fuga verso Sion, la giocherà con un ticinese, Pier Tami. Una vecchia conoscenza tornata indietro, che, come dice Renzetti, ha il bianconero e il Ticino nel cuore. Sarà vero? Durerà?
Pochi mesi e lo sapremo, ma se un tifoso rossonero parlasse con un luganese, gli direbbe di sicuro che no, non durerà. Perché il calcio, adesso, è così. E un bacio alla maglia non vuol dire più niente, non è una garanzia. Insieme, nella gioia e nel dolore, finché un contratto non ci separerà.