Cronaca
26.03.2017 - 15:340
Aggiornamento: 21.06.2018 - 14:17
Esperienze di vita, partito votato, media consultati influiscono su come si percepisce la realtà? Cosa dice realmente lo studio IRE della discordia
Sul Mattino si chiede di chiudere l'istituto diretto da Maggi, accusato di fare propaganda pro apertura delle frontiere coi soldi dei contribuenti. Vi riassumiamo le 18 pagine dello studio
BELLINZONA – La Lega, attraverso il Mattino, chiede ancora una volta la chiusura dell’Istituto di Ricerche Economiche dell’USI. Autore dello studio, che tanto aveva fatto discutere, che affermava che non vi è sostituzione di personale residente con lavoratori frontalieri, aveva attirato le ire (in senso letterale…) di molti. Ora sul sito è apparso un complemento, dal titolo “La discrepanza tra percezione e realtà riguardo il mercato del lavoro ticinese”, scatenando un’altra ondata di rabbia.
Ma cosa dice, esattamente, questo documenti di 18 pagine, online sul sito dell’IRE?
Il tutto parte da un sondaggio di qualche tempo fa dal quotidiano 20 minuti, da cui emergeva che secondo i ticinesi non c’è bisogno, in Ticino, di frontalieri. Ma, secondo lo studio, una percentuale importante degli intervistati, per vari motivi, ha una visione (percezione, come viene definita) diversa dalla realtà, costituta dai dati effettivi. Addirittura, “il 77% dei rispondenti sovrastima il numero di frontalieri, e il 62% sovrastima il numero di persone in assistenza. In contrasto, il 41% sottostima il numero di disoccupati”. Ovvero, tre quarti sopravvaluta il numero di frontalieri, così poco meno della metà lo fa rispetto a quello di persone in assistenza.
Lo studio ha preso in considerazione alcuni parametri relativi alla vita degli intervistati, a partire dal sesso, dall’età, dall’istruzione, dalla regione, dalla composizione della propria economia domestica, sino al partito votato nel corso delle elezioni per il Consiglio Nazionale del 2015, la situazione occupazionale, la percentuale di frontalieri e di stranieri impiegati nello stesso posto di lavoro. Inoltre, si tien conto di chi è già stato in disoccupazione e di chi conosce persone che lo sono.
Ebbene l’IRE ritiene che “la discrepanza tra percezione e dati ufficiali cambia secondo le preferenze politiche. Infatti, coloro che hanno votato Lega dei Ticinesi o UDC hanno una maggior probabilità di sovrastimare le tre grandezze (ovvero, frontalieri, persone in assistenza e persone in disoccupazione) elencate sopra, rispetto a coloro che hanno votato PLR, PPD o PS/Verdi. In aggiunta, coloro che hanno votato Lega dei Ticinesi hanno una minor probabilità di commettere errori di sottostima, rispetto a chi ha votato PLR, PPD o PS/Verdi”. Come dire, chi vota a destra ritiene che vi siano più frontalieri rispetto a chi ha scelto altri partiti, e lo stesso vale per le persone in assistenza. Così come influisce la storia personale, poiché “coloro che sono già stati iscritti alla disoccupazione o che conoscono personalmente qualcuno che è già stato iscritto alla disoccupazione hanno una maggior probabilità di sovrastimare le tre misure”. Chi lavora in aziende che impiegano un alto numero di stranieri, probabilmente percepiranno come maggiori i numeri di appartenenti alla categorie, in particolare di frontalieri e beneficiari dell’assistenza.
E i media? Hanno anch’essi un peso, perché chi ne consulta di più probabilmente avrà, secondo lo studio, una percezione corretta della realtà.
Il sondaggio del 20 minuti sottoponeva poi agli intervistati cinque domande relative ai frontalieri: se essi svolgono i lavori che i ticinesi non vogliono fare, se, con salari corretti, la manodopera si troverebbe anche fra gli indigeni, se la forza lavoro con la qualifica richiesta è più facilmente reperibile all’estero, se i frontalieri sono importanti per lo sviluppo del Ticino e se essi rubano il lavoro. I risultati? Il 64% degli utenti è convinto che se solo le imprese pagassero salari accettabili, si troverebbe facilmente in Ticino mano d’opera locale con le qualifiche necessarie. Il 45% è d’accordo con la tesi che i frontalieri rubano il lavoro agli indigeni, mentre solo il 31% ritiene i frontalieri importanti per lo sviluppo economico del cantone.
Anche in questo caso, per l’IRE i fattori presi in considerazione prima sono fondamentali per le risposte. Chi vota Lega o UDC, ma probabilmente è un dato che si poteva già presumere, ha più possibilità di condividere opinioni negative sui frontalieri, così “coloro che sono già stati iscritti alla disoccupazione o che conoscono personalmente qualcuno che è già stato iscritto alla disoccupazione”. Anche chi lavora in aziende con un alto numero di frontalieri ha spesso un’idea negativa su di essi.
E chi consulta più media, ha meno possibilità di avere opinioni negative. Coloro che ne hanno di più? I lettori del Mattino, chi legge il Caffè invece ne ha di più. Prova che quanto scritto dal quotidiano o dal sito più letto ha un’influenza sulla formazione dell’opinione dei lettori. In merito, il Mattino non ha dubbi: “chi si informa un po’ sa qual è la realtà del territorio ticinese. Chi legge solo il Caffè della Peppina domenicale, ossia il settimanale dei frontalieri e sempre contro il Ticino, condivide le conclusioni fantasiose degli studi taroccati dell’IRE”.
E infine, Quadri rilancia: chi ha commissionato il nuovo studio all’IRE e al suo direttore Rico Maggi? Uno studio che, in fondo, pagano i contribuenti.