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29.05.2018 - 16:090
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:51

Introdotta la nuova legge sulla protezione dei dati, cosa cambia? Ce lo spiega Attivissimo, "all'inizio sarà uno shock, ma se ci venissero rubati dati, lo sapremo per forza. Vedo più vantaggi"

Il giornalista e esperto informatico concretizza la GDPR: "tutti gli operatori che gestiscono dati privati di cittadini UE dovranno trattarli in maniera adeguata. Ovvero, solo per quanto è necessariamente necessario per la loro attività. I social? Dovranno reinventarsi"

BELLINZONA – Da pochi giorni, è entrato in vigore il nuovo regolamento generale per la protezione dei dati (GDPR), europeo ma che di fatto vale anche per gli svizzeri e per tutto il resto del mondo che ha a che fare con persone residente dell’UE. Cosa comporta? Prevalgono i vantaggi o gli svantaggi? Ne abbiamo parlato col giornalista e esperto informatico Paolo Attivissimo.

Si sente molto parlare di questa legge, ci spiega in che cosa consiste, a livello informatico?
“Tutti gli operatori che gestiscono i dati privati dei cittadini dell’UE dovranno trattarli nella maniera adeguata, dunque nella misura strettamente necessaria per svolgere i loro servizi. Non devono usarli per esempio per sorveglianza, scopi commerciali eccetera. I social network devono riformare il loro sistema di raccolta di dati per essere più trasparenti. Alla fine la parola chiave è questa, trasparenza nella raccolta dati da parte delle grandi aziende”.

I cambiamenti principali sono per loro, non per i consumatori privati?
“Con alcune eccezioni. Le piccole associazioni che gestiscono elenco di utenti devono verificare di usare quei dati solo lo stretto necessario per la loro attività. Questa vale anche in territorio svizzero se sono coinvolte  persone che vivono nell’UE. C’è qualche differenza anche per il cittadino privato. Molti avranno notato l’aumento di richieste di conferme nelle caselle e gli aggiornamenti delle app: questo è fatto per essere conformi alle norme, è un buon modo per rivedere dove si è iscritti e se vale la pena restare in tutte”.

Ma concretamente, cosa può fare una società con i dati raccolti? Pensiamo a aziende piccole o a volontari…
“Tutto quel che vuole purchè abbiamo il consenso. Prendiamo un circolo di cucito internazionale, usando un esempio surreale. Cosa serve per gestirlo? Email, nome e cognome, telefono. Se venissero raccolte informazioni che non hanno a che fare con la gestione andrebbe notificato a tutti gli iscritti. Se c’è un sito web una pagine deve dire chiaramente quanti e quali dati vanno raccolti, in modo che chi si iscrive lo sa. Se si è un’associazione o un’azienda deve esserci un metodo chiaro e trasparente per far avere all’utente i dati raccolti e eventualmente chiederne la cancellazione”.

Che benefici porterà questa legge alle persone singole?
“Sulla consapevolezza dei dati raccolti. Per anni abbiamo usato i social i quali hanno usato noi, prendendo informazioni personali come orientamento religioso, rapporti di parentela, sentimentali, stato di salute, orientamento sessuale. Essendo dati sensibili va considerato cosa ne fanno. Quando questi social hanno un numero ampio di utenti, vedi Facebook, sono una potenza nel consenso. Questa è un’occasione per dire che i social devono confessare cosa fanno coi dati. Prendiamo WhatssApp che ha dovuto alzare l’età degli utenti a 16 anni sennò avrebbe dovuto dire di trattare dati sensibili di minori”.

Per i colossi cosa comporta? Forse siamo stati ingenui dando molte informazioni..
“Sono già partite della cause contro i raccoglitori dei dati, anche milionari, per contestare l’abuso di dati, per far vedere che non sono conformi. Dovranno investire tanti soldi per dare un servizio più trasparenti, dando la possibilità per esempio a chi si rende conto di aver fornito troppi dati di rifarsi una vita online, con un nuovo profilo e la cancellazione dell’altro. Rischiano di essere meno simpatici da usare? Tornerebbero quello che erano in origine, dei luoghi dove ci si trova senza l’angoscia di essere schedati, giudicati, ma si potrà chiacchierare serenamente. Importante per me è questo cambiamento, perché in molti pensano di essere in un posto libero invece sono controllati. Un altro punto di questa nuova legge è la protezione dei dati stessi, se qualcuno ruba delle password o degli account c’è l’obbligo da parte dei fornitori di denunciare il furto: spesso non lo fanno, e gli utenti non possono difendersi. Ora l’obbligo è molto severo, con sanzioni che possono arrivare a percentuali di fatturato significative, che potrebbero far crollare un’azienda. Mi auguro dunque ci sia anche più trasparenza, perché se non so che i miei dati sono stati rubati non posso far nulla”.

Per il comune utente cambierà il comportamento mentre naviga?
“Sicuramente dovrà, come dicevo prima, mediare le richieste dei social che devono verificare di essere conformi e chiederanno il trattamento dei dati sensibili. Per esempio, ho detto no a Twitter: continuo a usarlo ma non possono farmi i fatti miei. Per me è possibile, per il social è un danno solo se il suo scopo è fare schedatura di massa. Magari diventeranno a pagamento, in modo da poter usufruire dei serviti senza essere monitorati, dato che tolta una forma di reddito ne va messa un’altra. Sono certo che molti sarebbero disposti a pagare qualche franco per usare per ese,mpio WhatsApp”.

È dunque molto ottimista. Aspetti negativi non ve ne sono?
“Inizialmente lo shock, come per ogni legge, è forte, poi ci si adegua. C’è anche qualche lato negativo, penso a aziende piccole che hanno gran parte del lavoro al di fuori del territorio UE, che dovrebbero investire troppo per poter operare in Europa e dunque potrebbero decidere di non fornire i loro servizi all’interno dell’UE. È già successo con varie testate giornalistiche americane, che hanno tolto l’accesso agli utenti europei. Molti giornali per contro sono diventati molto più leggeri, senza la parte software per la schedatura, dunque sono più rapidi per la navigazione per gli europei”.

Paola Bernasconi

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