TORINO - Maurizio Sarri ha tenuto la sua prima conferenza stampa da allenatore della Juventus. Un appuntamento atteso da tutti gli appassionati di calcio, curiosi di capire come un tecnico filosoficamente così distante dal dna bianconero, approcciasse al mondo juventino.
Nel corso del lungo incontro con i giornalisti, Sarri non si è risparmiato toccando tutti gli argomenti. Mote domande, inevitabilmente, hanno toccato il tema della sua rivalità con la Juventus, esplosa in particolare ai tempi in cui sedeva sulla panchina del Napoli. Una rivalità che l’allenatore toscano ha sempre accentuato a gesti e a parole. Tanto che i tifosi azzurri lo avevano elevato ad idolo assoluto anche dopo l’interruzione del rapporto professionale con il club del presidente De Laurentis.
Oggi, invece, per i supporter del Napoli Sarri è il peggiore dei traditori. In Città sono infatti stati rimossi tutti i simboli che omaggiavano il tecnico, ed è stata addirittura creata una statuina del presepe dove l’allenatore viene accostato a Giuda.
“Ho vissuto tre anni - ha spiegato Sarri ai giornalisti - in cui mi svegliavo la mattina con il pensiero di battere la Juventus, visto che noi eravamo l’alternativa più credibile. Io dovevo creare tutte le situazioni per battere la Juventus. Lo rifarei, ho dato il 110%. Poi è chiaro che è un’avversità sportiva, che quando finisce, finisce. Ora darò tutto per questa società, quello che ho fatto posso averlo fatto con mezzi o modi sbagliati ma è intellettualmente apprezzabile. Se un avversario è disposto a tutto per sconfiggermi lo posso odiare ma lo devo apprezzare alla fine.”
“Io - ha proseguito Sarri sull’argomento— volevo vincere lo Scudetto, per quello ho detto alcune cose. Io in quel momento rappresentavo uno di quei popoli che più amano la propria squadra. “A Napoli ho fatto tutto per dovere morale e professionale. Il coinvolgimento era forte, c’erano tutte le componenti per cui combattessi per quei colori. Poi tutto finisce. Ho fatto un atto di rispetto estremo ad andare via per un anno, scegliendo l’estero anziché rimanere in Italia. Se ora ho la necessità di tornare e mi chiama la più grande società italiana devo portare rispetto alla mia professione. È un percorso normale, poi se uno ci va a ricamare sopra non se ne esce. Quando uscirò dal San Paolo, sia fischiato che applaudito, saprò che sarà una manifestazione d’amore.”
Per quanto attiene i temi più tattici, Sarri si è mostrato meno integralista di quanto viene dipinto dai media: “Da squadra a squadra cambiano le caratteristiche dei giocatori. A Napoli erano tutti a disposizione della squadra, il Chelsea era una squadra fatta di giocatori di livello tecnico superiore ma con caratteristiche individuali differenti, quindi veniva fuori un calcio meno fluido ma altrettanto pericoloso. Quando ci sono giocatori con caratteristiche definite, non sei più eseguibile e devi andare incontro alle loro caratteristiche. L’idea rimarrà la stessa, poi verrà modulata addosso ai giocatori che ti possono far vincere le partite.”
“L’obiettivo di divertirsi in campo - ha aggiunto Sarri - non è antitetico a quello di vincere. Se una squadra in campo diverte il pubblico acquista quell’entusiasmo collettivo che è benzina per far risultati. Hanno vinto squadre con tutte le filosofie di gioco, è bene che uno rimanga se stesso e abbia la consapevolezza di riportare le sue idee in campo e ai calciatori. È difficile coniugare le due cose ma penso si possa fare.”
Inevitabile una battuta su Cristiano Ronaldo: “Allenare CR7 è un escalation: ho allenato giocatori forti nel Chelsea, con lui si va al top mondiale. Ha tutti i record che si possono avere nel calcio mondiale, mi piacerebbe fargliene battere un altro, così da poter aver inciso su uno di questi.”
Infine una battuta sul look con il quale andrà in panchina. Lo stile Juve si sposa con la classica tuta con la quale Sarri è solito vestirsi durante i match? “Non abbiamo parlato di questi aspetti. Preferirei sul terreno di gioco la tuta ma sarà argomento di conversazione, l’importante è che non mi mandino nudo.…”