BERNA - C'è chi è d'accordo e chi no. Tra i primi, Giangiorgio Gargantini, tra i secondi Fabio Regazzi, ovvero sindacati e aziende. E preoccupati e scoraggiati sono i ristoratori. Queste sono le voci raccolte da TeleTicino.
"Ingiustificate, assurde", così Fabio Regazzi ha definito le misure decise dal Consiglio Federale. "Far chiudere un ristorante alle 19 secondo me è quasi una presa in giro".
"Sarebbe stato meglio far chiudere tutto. Lasciare aperto sino alle 19 vuol dire che un ristoratore può occuparsi solo del pranzo, mettendo in ginocchio una categoria che è parecchio sotto pressione e attraversa un periodo difficile. Sono anche misure strabiche, che colpiscono soprattutto la ristorazione ed anche i commerci al dettaglio che hanno investito per la sicurezza", prosegue. I problemi a suo avviso vanno ricercati anche in altri ambiti, come i trasporti. "Lì non vedo limitazioni, eppure sono fonte di parecchi contagi. Ora dobbiamo aspettarci davvero un piano di aiuto molto incisivo per queste categorie toccate, per far sì che oltre ai danni medici non ce ne siano troppi a livello sociale".
"Chiudere i negozi la domenica avrà un effetto controproducente, la gente si concentrerà nei momenti in cui essi sono aperti creando più assembramenti", prosegue. "A questo punto era meglio chiudere tutto, anche se per noi si poteva ritoccare di un po' gli orari di chiusura. Ma adesso dire che cosa si sarebbe dovuto fare non ha senso, bisogna pensare a cosa fare dopo"-
E sulle decisioni: "Il Consiglio Federale evidentemente ha deciso che i Cantoni non sono più in grado di gestire l'emergenza".
I ristoratori, ovviamente, sono demoralizzati. "Partita finita", ha postato Massimo Suter. Che sulla RSI ha detto che si sente preso in giro. "Adesso avremo ancora l'incertezza su cosa fare per Natale. Ed è questo che logora. La chiusura alle 19 impedisce il servizio serale, facendo sì che la maggior parte dei ristoratori avrà problemi di liquidazione. Ci saranno ondate di fallimenti e di licenziamenti, se tutto ciò deve durare sino a quasi fine gennaio".
E Lorenzo Albrici: "Posso tenere aperto solo a pranzo, quando la maggior parte dei nostri clienti lavora da casa... Allora era meglio chiudere, prendere una decisione chiara, cercare di abbassare il virus e poi vedere. Questa è una toppa, c'è confusione ed è la peggior cosa. È una settimana che aspettavamo questa conferenza stampa, senza sapere se ordinare o no: domani sera avevo il ristorante pieno, ed ora? La mattina devo alzarmi e vedere le medie dei contagi per capire se saremo aperti o no. Sono deluso, non si capisce un granchè".
Approva, invece, nonostante il dispiacere per le categorie toccate, il sindacalista Giangiorgio Gargantini. "Non solo non mettere sotto pressione il sistema sanitario, ma salvare delle vite. La speranza di vita in Ticino è scesa di due anni! Solidarizzo con chi non può continuare la sua attività, ma queste misure sono il minimo che si poteva imporre per raddrizzare una situazione che è più che sfuggita di mano. Noi abbiamo chiesto a novembre quel che è stato deciso ora, se ci avessero ascoltati in Ticino saremmo nel gruppo dei paesi virtuosi che hanno mostrato che reagendo si può fare qualcosa".
"Dato che non si è fatto nulla prima, che siamo ai piedi della scala, un Paese come il nostro deve e può permettersi di fermare alcune attività dove fanno aumentare i contagi. Lo si può fare solo diminuendo le attività economici", continua il sindacalista. "Chi ha agito quando l'abbiamo chiesto noi, come i Cantoni romandi, adesso non sono toccati dalle misure. Le nostre istituzioni hanno fallito".