CATANIA – È un racconto che sembra la trama di un libro di Stephen King. Ma è tutto vero. “Quando ho preso mia figlia all’asilo siamo andate a casa mia — ha raccontato Marina Patti, 23 anni, durante la sua confessione —. Elena ha voluto mangiare un budino poi ha guardato i cartoni animati dal mio cellulare. Io intanto stiravo... in serata saremmo dovute andare da un mio amico per il suo compleanno ed Elena era contenta... poi siamo uscite per andare a casa di mia madre, Non ricordo se ho portato con me qualche oggetto da casa. All’incirca erano le 14.30, siamo andate nel campo che ho indicato ai carabinieri. Era la prima volta che portavo la bambina in quel campo... ho l’immagine del coltello, ma non ricordo dove l’ho preso. Non ricordo di aver fatto del male alla bambina, ricordo solo di aver pianto tanto”.
Quello che è accaduto l’altro giorno a Mascalucia, in provincia di Catania, è evidentemente il frutto di una mente disturbata. Intervistato dal Corriere della Sera, Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze al Fatebenefratelli-Sacco di Milano ha detto che “certamente non si tratta di un raptus. Drammi come questo nascono da contesti complessi che si costruiscono nel tempo e di cui non vengono intercettati i segnali. È possibile che la donna abbia agito sulla base di quello che viene definito “complesso di Medea”, un impulso omicida che ha come obiettivo finale la sofferenza dell’ex compagno”.
Ora, ha aggiunto Mencacci, “si dovrà capire se la donna abbia un disturbo di personalità borderline, ma possiamo presumere — anche stando alle parole dei familiari — che ci fosse una sorta di abitudine al maltrattamento nei confronti della figlia, unita a forte tensione emotiva”.
Torniamo al racconto della madre: “Quando ho colpito Elena avevo una forza che non avevo mai percepito prima. Non ricordo la reazione della bambina mentre la colpivo, forse era ferma, ma ho un ricordo molto annebbiato”.
Il giorno prima si era presentata in lacrime ai carabinieri di Mascalucia per denunciare che la figlia di 5 anni era stata sequestrata da tre uomini armati e incappucciati. Una storia che ha retto soltanto poche ore. Sua figlia, Elena Del Pozzo, l’aveva uccisa lei, con sette coltellata al collo e alla schiena. Poi ha rinchiuso il corpo in cinque sacchetti di plastica, uno dentro l’altro, e l’ha ricoperto di terra.