di don Gianfranco Feliciani *
La notizia è di questi giorni: un giovane prete milanese, al termine di una vacanza in Calabria con i ragazzi della parrocchia, ha detto Messa in mare. “Inizialmente ho pensato di celebrare la funzione nella pineta di un campeggio – spiega il prete – ma l’area era già occupata. Domenica era molto caldo e ci siamo detti: perché non fare la Messa in acqua? Una famiglia ci ha messo a disposizione un materassino che abbiamo trasformato in altare. È stato bellissimo”.
Apriti cielo! Un fatto così è finito subito sulla stampa. Le reazioni? Quella dello Stato è talmente sconcertante da far sorridere: il povero prete risulta iscritto nel registro degli indagati dalla Procura calabrese per il reato di offesa a confessione religiosa. Più pacata – e preoccupata a schivare l’oliva – quella della Diocesi di Crotone. “In alcuni casi è anche possibile celebrare la Messa fuori dalla chiesa. Bisogna, però, prendere sempre contatti con i responsabili ecclesiali del luogo per consigliarsi sul modo più opportuno di realizzare un’Eucaristia di questo genere. Soprattutto è necessario mantenere quel minimo di decoro e di attenzione ai simboli richiesti dalla natura stessa della liturgia”. Alla fine il giovane prete milanese se l’è cavata ammettendo di aver peccato di ingenuità. “Non era assolutamente mia intenzione banalizzare l’Eucaristia né utilizzarla per altri messaggi di qualunque tipo”.
Penso che il caso sarà presto archiviato, sia da parte dello Stato che dalla Chiesa, e che non ci saranno, almeno pubblicamente, né dichiarazioni ufficiali di condanna né di assoluzione. Tuttavia, la vicenda di un prete che con i fedeli celebra la Messa in mare in costume da bagno usando un materassino come altare, solleva un serio interrogativo che va senz’altro al di là della candida ingenuità o della voglia di stravaganza di qualcuno.
Ricordo un viaggio in Romania dopo la fine della dittatura, quando ebbi modo di ascoltare le testimonianze di preti e laici che avevano sofferto il carcere e la tortura solo per il fatto di essere cristiani e, quindi, ritenuti ostili al regime. Mi sono commosso fino alle lacrime sentendoli narrare in che modo si arrabattavano a celebrare la Messa in carcere di nascosto. Con la benevola complicità di una guardia erano riusciti a procurarsi qualche crosta di pane e un po’ di vino. Nessun messale: tutto a memoria. L’unico paramento sacro… una stola ricavata da una logora camicia, e come altare… la schiena d’un compagno disteso immobile per terra. Esteticamente parlando, in quella Messa mancava totalmente “quel minimo di decoro” che si richiede per un rito sacro. Ma la Messa in quel carcere rimanda al mistero della Croce, a Gesù torturato e ucciso. Su quella Croce “senza un minimo di decoro” Gesù ha celebrato la grande, unica e vera “Messa”! Ed è il prezzo dell’Amore! E l’Amore è Dio stesso! “Ama e fa quello che vuoi”, ha detto sant’Agostino. L’Amore è il metro di giudizio per ogni cosa. Vale per tutti, credenti e non credenti.
*Arciprete di Chiasso