LUGANO - Una voce che singhiozza, che forse è quella della nipote o forse no. Ma intanto la giovane non risponde al telefono e quindi il dubbio cresce: se fosse davvero lei e stesse male sul serio? La truffa del falso nipote, dove persone senza scrupoli contattano anziani spacciandosi per parenti e chiedendo soldi per cure mediche o per poter uscire di prigione, è sempre di attualità. La Domenica ha raccolto la testimonianza di un uomo che si stava lasciando abbindolare, seguendo passo per passo cosa è stato detto.
L'uomo ha sempre creduto di essere immune a certi meccanismi, soprattutto dopo una vita all'estero, nel settore diplomatico e in quello delle imprese. Eppure quando al telefono ha sentito una ragazza che piangeva, spacciandosi per sua nipote Amelia, e che gli diceva che era ricoverata in ospedale con una forma aggressiva di Covid per cui serviva una medicina da far arrivare dall'Austria al costo di 55mila franchi, ha vacillato.
Non era certo che fosse lei, perchè le parole erano confuse dai singhiozzi. Ma non ha osato attaccare, nel dubbio che lo fosse davvero. Nel mentre ha provato a comporre il numero del cellulare di Amelia, che non ha risposto, aumentando la sua preoccupazione.
Ben consapevole di cosa poteva accadere, ha cercato di capire in ogni passaggio dove potevano nascondersi le bugie. "Chiedo: ma in quale ospedale sei? Mi dice nel 'nostro'. Io replico: ma al Civico o all’Italiano? Capisco subito di aver fatto un errore, di averle dato involontariamente un vantaggio. Tanto che quella voce mi risponde: 'No, al Civico'. Avrei potuto giocarmela meglio, tendere una trappola. Vado avanti. Dico: 'Ma perché non hai avvertito tuo padre (che, tra parentesi, avevo sentito tre minuti prima di questa chiamata)?'. Mi risponde perché non voleva farlo preoccupare".
A questo punto lei gli passa il medico, un certo dottor Barberis, che spiega la situazione e chiede i soldi. "Dico alla persona che si è presentata come medico di darmi gli estremi del conto corrente dove io da casa posso versare i soldi richiesti. Provo così a tendere una trappola per capire bene chi mi trovo davanti. Ma lui dice che non si fa così. Non mi spiega però come vuole i soldi, pur tra mille dubbi e con un fondo di paura (e se davvero mia nipote è in ospedale?), vado allora all’attacco. Ribadisco che io pago ma solo se ho gli estremi di un conto corrente. La trattativa va avanti. Alla fine colui che si spaccia per medico mi dice stizzito che non ho a cuore mia nipote. E mette giù".
Per fortuna, in quel momento lo richiama il figlio. Amelia sta bene, è impegnata al lavoro e non può rispondere. L'anziano, rassicurato, contatta il Civico e scopre che non c'è nessun dottor Barberis. "Chiamo la polizia che mi dice che si è trattato di una truffa del falso nipote che loro da tempo stanno tenendo la situazione sotto controllo. Chiedo se devo presentare denuncia, mi dicono di no, non è importante: stanno - mi ripetono - lavorando su questo fronte".
Lui non si è lasciato abbindolare. Ma pur conoscendo i meccanismi, ci è andato vicino. "Pensavo, sbagliando, d’essere impermeabile a certi fenomeni, d’aver capito esattamente come funzionano certi sottili meccanismi e la psicologia di certi criminali. Invece un pomeriggio della settimana scorsa queste mie convinzioni si sono frantumate per qualche minuto, e confesso d’aver barcollato anche io: solo la freddezza che sono riuscito a mantenere, messa a dura prova da tanti dubbi, ha evitato che anche io finissi nella ragnatela, in quella trappola organizzata e ben collaudata da personaggi evidentemente molto abili", ammette.