LUGANO - Una persona straordinaria, legata alle proprie origini e soprattutto alla sua Lugano. Non ha esitazioni, Giorgio Giudici, quando gli si chiede un'opinione su Sergio Mantegazza, scomparso oggi all'età di 96 anni.
"È la testimonianza di come si possa nascere con un'idea e, grazie alle proprie capacità, andare lontano", racconta, descrivendo la figura di quello che oggi viene chiamato self-made man.
Di Mantegazza ricorda la filantropia. "Ho avuto la fortuna di essere coinvolto in una sua fondazione, Metis, che finanziava attività nel settore medico, anche se non solo. Ci teneva molto, voleva lasciare il segno. Non si è fermato qui, sono membro anche di Esasus, che si occupa di ricerche nell'oftalmologia, cui ha donato dei macchinari per la ricerca. Inoltre, ha contribuito finanziariamente alla costruzione della palestra dell'Elvetico, dove ora giocano i ragazzi".
Ricorda di averlo sempre visto passeggiare per Piazza Riforma, "un miliardario che camminava senza scorta. Lui apparentemente aveva un piglio severo, ma in realtà aveva un animo molto aperto. Ho avuto spesso a che fare con lui, anche per la politica; ha sempre fatto proposte per Lugano. Amava molto il suo Ticino, soprattutto Lugano. Quando si inizia a lavorare col padre sul lago di Lugano, poi ti resta dentro: non è però scontato restare legati alle proprie radici".
Quando gli si domanda di raccontare un episodio, racconta subito di un gesto che gli è rimasto nel cuore. "Ci siamo visti a Palazzo Mantegazza, a Paradiso. Appena ha saputo che sarei rientrato in ufficio a piedi, ha insistito per mettermi a disposizione la sua auto con autista. Avevo però chiesto di lasciarmi lontano dal Municipio, non si sa mai che cosa avrebbero potuto pensare. Ma mi sono risparmiato un bel pezzetto a piedi e vissuto l'emozione di salire su un'auto bellissima, enorme e accessoriata. Però ciò che mi ha colpito è stata la volontà di non farmi camminare".
"Lascia a Lugano il ricordo di una persona che non ha mai rinnegato le proprie origini", conclude, non senza commozione. "Con le sue risorse sarebbe potuto andare ovunque, ma amava la sua Lugano, la sede della sua azienda dove si recava sempre con la sua auto con la targa 555".