POLITICA
Dalla moda all'attacco. «Non è l'economia che vogliamo»
I socialisti, dopo il servizio di "Falò" sulla moda, se la prendono col modo di operare di certe aziende. «Vitta, se non accettavamo noi i contribuenti andavano altrove? La dignità non è merce di scambio»
BELLINZONA - Il servizio di settimana scorsa della trasmissione della RSI "Falò" sui retroscena del mercato della moda in Ticino ha suscitato numerosi commenti, ma secondo il PS essi «non debbano scemare a televisore spento. Richiedono al contrario un dibattito che affronti in modo costruttivo le problematiche sollevate», senza fingere che i problemi non esistano dato che si parla di un settore i cui introiti fiscali sono superiori a quello bancario.Per i socialisti, la dignità delle persone e dunque le loro condizioni lavorative devono essere messe in primo piano. Basandosi non solo sul servizio di Falò, il partito parla per esempio delle concerie di cuoio di Santa Croce, in Toscana, entrano quotidianamente in contatto con materie nefaste per l’organismo e per l’ambiente, oltre a essere spesso pagati in nero.Ma anche il sistema su cui si basano le aziende di moda in Ticino non è del tutto trasparente, sottolinea il partito. «Gli importanti redditi delle aziende dell’alta moda stabilite in Ticino poggiano su un sistema opaco chepermette di fatturare nel nostro Cantone per delle attività commerciali che avvengono all’estero. Il PS disapprova un sistema in cui il segreto e le agevolazioni fiscali impediscono la trasparenza favorendo l’adozione di modalità volte all’evasione fiscale». Un metodo che porta a pesanti conseguenze, basti pensare ai processi giudiziari, alla perdita dicredibilità nel contesto internazionale e alle multe inflitte alle banche svizzere. Recentemente, Armani ha lasciato Mendrisio, e il PS sottolinea come l'addio, che aveva suscitato più di una polemica, «non è estraneo ai 270 milioni di euro pagati dal Gruppo Armani per porre fine a un’inchiesta per evasione fiscale condotta dalla Guardia di Finanza».In studio, giovedì scorso alla RSI c'era il Consigliere di Stato Christian Vitta, e neppure le sue risposte sono piaciute ai socialisti. «Il Consigliere di Stato Christian Vitta, intervenuto alla trasmissione, ha sottolineato come degli importanti introiti fiscali permettano di realizzare dei progetti statali negli ambiti della socialità e formazione, lasciando intendere che se il Ticino non avesse colto l’occasione per ricevere questi importanti contribuenti, al nostro posto, lo avrebbero fatto altri. Il PS ritiene che tutto ciò non debba essere fatto a qualsiasi prezzo. La dignità delle persone che lavorano non è una merce di scambio ma la base su cui costruire il futuro delle prossime generazioni», ignorando dunque problematiche quali «l'importante scarto tra i redditi e la quantità di lavoratori impiegati dalle aziende dell’alta moda domiciliate in Ticino, il preoccupantetraffico di mezzi pesanti generato dalle attività di logistica e fatturazione di queste aziende il cui solo scopo è trasferire il reddito delle merci ed eludere la fatturazione dell’IVA».Oltretutto, Vitta viene bacchettato per aver approfittato dell'occasione per promuovere la Riforma III delle imprese in votazione il 12 febbraio, un tema che si potrebbe toccare solo in sede di dibattiti.In conclusione, per il PS un sistema in cui si ragioni solo in base all'introito fiscale non va bene per il Ticino, ma auspica «un’economia radicata nel territorio, i cui lavoratori non siano soggetti a ricatti volti a ridurre i salari e le condizioni di lavoro». L'obiettivo è riuscire a discutere in modo chiaro del futuro economico del Cantone assieme a tutti gli attori coinvolti a vario titolo.
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