BELLINZONA – La notizia del taglio di 150 posti alla Kering ha fatto riaccendere le discussioni, per la verità solo sopite in attesa che accadesse qualcosa in grado di risvegliarle, come accaduto, sulla politica fiscale ticinese e sul tipo di aziende da attrarre.
Se subito dopo i primi rumors di ieri, trapelati da una riunione a porte chiuse del gruppo, diversi esponenti socialisti si sono espressi singolarmente, ora è il partito a chiedere agli altri di parlare di nuovo del tema, soprattutto “del settore dell’alta moda, in causa da parecchio tempo a seguito delle inchieste per evasione fiscale condotte in Francia e Italia nei confronti del gruppo Kering, attivo nel nostro Cantone attraverso Luxury Good International di cui la multinazionale è proprietaria.La decisione di cancellare 150 posti di lavoro in Ticino, non è estranea alle inchieste per evasione fiscale condotte a carico di Kering dagli inquirenti francesi e italiani, come dimostrato lo scorso maggio dal sito d’inchiesta francese Mediapart, il quale aveva reso pubblico un documento secondo il quale il gruppo Kering aveva dato il via a una riorganizzazione interna volta a ridimensionare le sue attività in Svizzera”.
Già anni orsono si vociferava sulla realtà all’interno dell’azienda e del settore del fashion in generale (basti pensare anche al caso Plein), spiega il PS citando UNIA. “Dal 2014 il sindacato UNIA ha denunciato l’estrema precarizzazione e salari troppo bassi nel settore per vivere in Ticino. Dei dipendenti assunti a tempo parziale, ma che devono restare disponibili in tempi brevissimi e su domanda: i turni di lavoro e la sede di lavoro annunciati loro per sms solo la sera prima. Delle retribuzioni, a dipendenza del grado di occupazione, tra 2’300 ai 2’700 franchi ovvero dei salari che non permettono a nessun residente di arrivare alla fine del mese”, si legge infatti.
Urge, dunque, trovarsi. “Il PS deplora che Lega, PPD e PLR non abbiano accolto né la richiesta né la necessità di un dibattito approfondito sul tema benché più inchieste abbiano da tempo dimostrato come, oltre che su condizioni di lavoro inaccettabili, gli importanti redditi delle aziende dell’alta moda stabilite in Ticino poggino su un sistema opaco che permette di fatturare nel nostro Cantone per delle attività commerciali che avvengono all’estero, approfittando di un sistema in cui il segreto e le agevolazioni fiscali impediscono la trasparenza e che favoriscono l’adozione di sistemi volti all’evasione fiscale”. Che il DFE in particolare colga l’allarme, è il monito.