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29.05.2017 - 14:300
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Democrazia a pagamento? Dopo la ricompensa di Siccardi, volano le sottoscrizioni per il referendum finanziario obbligatorio

L'imprenditore: "Se si vogliono esercitare i propri diritti politici, bisogna pagare". Intanto la raccolta firme è riuscita, Morisoli spiega che si trattava di un tema mal compreso da molti

Se siBELLINZONA – Un rush finale incredibile, con 4mila firme raccolte in 10 giorni. E quando ormai il referendum finanziario obbligatorio pareva destinato a non raccogliere le sottoscrizioni necessarie per poter essere sottoposto al popolo, ecco che improvvisamente esse sono arrivate, come ha confermato ieri il Mattino della Domenica.

Uno dei promotori, l’imprenditore Alberto Siccardi, aveva promesso, tramite un’inserzione sui giornali, 600 franchi a chi consegnava più di 200 firme. E le firme sono arrivate… Democrazia a pagamento? In un certo senso, si potrebbe dire, anche se in molti hanno confermato che difficilmente in un cantone come in Ticino, che richiede un alto numero di firme per la riuscita delle iniziative, è difficile operare diversamente.

Ghiringhelli, che da sempre si batte contro la difficoltà della raccolta delle sottoscrizioni, aveva affermato che, in fondo, anche i sindacati utilizzano i propri stipendiati per raccogliere firme. Inoltre, sostiene da tempo il fondatore del Guastafeste, non poter spesso allestire banchetti nelle piazze e il voto per corrispondenza, che fa sì che meno gente si rechi ai seggi, principale luogo di raccolta, complica ancora di più la faccenda.

E allora, la mossa di Siccardi si è dimostrata decisiva. Un altro promotore, Sergio Morisoli, ha fatto un mea culpa spiegando che a suo avviso l’iniziativa non è stata spiegata bene, e dunque ha fatto fatica ad attecchire fra la popolazione. “Non vogliamo limitare gli investimenti, come aveva capito qualcuno nell’imprenditoria, bensì far sì che non possano essere effettuate grandi spese senza l’accordo della popolazione”.

Interpellato da ticinonews, Siccardi stesso ha confermato che mettere la ricompensa ha aiutato. “Sicuramente le inserzioni hanno avuto la loro parte”, ha confermato, allineandosi a Morisoli nel parlare della complessità del tema.  "Se si vuole esercitare i propri diritti popolari con qualche probabilità di successo bisogna pagare. Non è giusto e mi auguro che la situazione cambi, allungando i tempi per la raccolta e diminuendo il numero di firme. Ma finché le cose rimangono così bisogna pagare, affidandosi a raccoglitori di firme oppure a inserzioni. Il Ticino deve adeguarsi: non facciamo morire la democrazia diretta che tiene in piedi il nostro Paese”.

Insomma, se vuoi far funzionare un’iniziativa, paga. Ghiringhelli, forse ha ragione.
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