di Laura Sadis*
Un po’ perplessi si, ma non così tanto da rinunciare a votare spero!
Inutile nasconderlo: la congiunzione fra PLR e PPD per le elezioni nazionali ha creato di primo acchito qualche contrarietà. Malumori più marcati in certe regioni del nostro Cantone. E poi perché nulla si è detto di questi piani di avvicinamento prima delle elezioni cantonali se le intenzioni sono serie?
Le risposte potrebbero essere tante. Provo ad abbozzarne qualcuna da osservatrice esterna.
La congiunzione è sostanzialmente tecnico/aritmetica. Un’operazione legittima a fronte di altri partiti che si presentano uniti sia a destra sia a sinistra. Una coalizione elettorale al “centro” ha altrettanto diritto di esistere per cercare di difendere la consistenza dei seggi.
Per avere però un minimo di credibilità occorre, come è stato fatto ma di cui troppo poco si è dato risalto mediatico, identificare dei punti programmatici comuni. Pochi ma chiari indirizzi che si intendono perseguire con le due deputazioni PLR e PPD alle Camere federali.
L’operazione della congiunzione delle liste nei termini così esposti non mi ha quindi scandalizzato e non mi demotiverà a esprimere il mio voto, anzi. Su certi argomenti la sostanza è più importante delle etichette partitiche. Quindi il mio invito è sicuramente quello di andare a votare.
Ben più laborioso e ambizioso sarebbe però un altro esercizio. Da tanti anni penso che i confini fra i partiti non delimitino più correttamente il panorama politico. Tantissimi esponenti di spicco della politica nazionale sostengono che il centro non esiste. Area di centro che altro non sarebbe ai miei occhi se non un elettorato moderato. Che invece, ne sono convinta, esiste, è numericamente consistente ed è trasversalmente presente in numerosi partiti.
Il vero e produttivo cambiamento sarebbe quello di avere il coraggio di abbandonare i vecchi steccati partitici. Steccati partitici che spesso obbligano a differenziarsi anche quando sostanziali differenze non esistono, il tutto per un mal inteso concetto di ricerca d’identità partitica. Ma si sa, proporre una piattaforma di principi e orientamenti da discutere aprendosi senza il costante timore di perdere la propria identità non è esercizio facile.
Significa sapersi mettere in discussione senza timore. Un punto di forza, non di debolezza. Una caratteristica invero propria del metodo liberale. Ma per questo ulteriore passo occorrerà attendere ancora.