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25.05.2020 - 17:320

Di chiusure e aperture. "Con l'Italia niente di certo". "Volevamo chiudere le scuole, la Svizzera disse no, poi..."

I Consiglieri di Stato hanno parlato al Gran Consiglio. De Rosa: "Gli esperti ticinesi hanno cominciato a occuparsi del virus a gennaio". Vitta: "La settimana più difficile quella del 23 marzo"

LUGANO - A tre mesi esatti dal primo caso positivo di Covid19 in Ticino, il Gran Consiglio si è riunito oggi al Palazzo dei Congressi di Lugano. Una location scelta per mantenere le distanze sociali e le norme d’igiene dettate dalla nuova normalità targata Covid19.

L’intera giornata odierna è stata dedicata all’emergenza Covid che ha investito il nostro Cantone negli ultimi mesi. Nella prima metà della seduta il Governo, insieme al medico cantonale Giorgio Merlani e al capo di Stato Maggiore Matteo Cocchi, hanno ripercorso le settimane precedenti.

Gobbi: “In momenti di crisi non ci si può permettere di fare partitica”

Al presidente Norman Gobbi il compito del riassunto generale: “Il Consiglio di Stato è stato informato per la prima volta in corpore il 12 febbraio dal medico cantonale Giorgio Merlani. Il 20 febbraio si è registrato primo caso accertato in Lombardia, cinque giorni dopo vi è stato il primo caso in Ticino e in Svizzera. Come Governo abbiamo agito secondo il modello: osserva, orientati, decidi e agisci. Il Consiglio di Stato ha fatto 34 riunioni che hanno portato a 146 risoluzioni governative”.

“Il Governo", ha proseguito Gobbi, "ha agito in maniera coesa, dialogando, perché non mancavano le differenze di opinioni, ma alla fine decidendo in maniera compatta. In momenti di crisi non ci si può permettere di fare partitica. Chi deve governare un Paese deve superare le divergenze politiche. Il Covid ha impattato fortemente sulla vita di tutti noi. I risultati finora ottenuto sono frutto delle misure messe in atto e dell’azione responsabile dei cittadini. Da una fase acuta oggi stiamo andando verso una convivenza con il virus”.

“Il Ticino" ha aggiunto Gobbi, "ha sempre dato il passo di marcia alla Svizzera per implementare le misure a tutela della salute pubblica. Il virus ha messo alla prova il federalismo. Il coinvolgimento va migliorato e va allenato costantemente. In caso di una seconda ondata sarà possibile avere delle risposte più regionali a livello nazionale, anche perché si è visto come le restrizioni sono state mal digerite laddove il Covid ha colpito meno duramente. Occorreranno anche misure più mirate sugli eventi maggiormente a rischio contagio e sulle fasce della popolazione più a rischio. Il rischio 0 non esiste.

“Per ora", ha concluso il presidente del Governo, "nulla è certo rispetto all’apertura della frontiera con l’Italia il 3 giugno, decisa unilateralmente dalla vicina repubblica. Attualmente transitano dalla frontiera circa 36’000 veicoli. Siamo quindi ben lontani dai 65’000/70’000 pre pandemia”.

De Rosa: “Non sacrifichiamo sulla griglia di qualche costinata quanto abbiamo imparato in queste settimane”

Dopo Norman Gobbi ha preso la parola il ministro della sanità Raffaele De Rosa: “A livello mondiale è senza dubbio la crisi più grave degli ultimi decenni. Una crisi che lascerà parecchi strascichi a livello economico e sociale. Abbiamo pagato un tributo molto alto in termini di vite umane. Sono state settimane intense, ed emotivamente forti. Sono fiero di quanto fatto dai ticinesi e sono fiero di essere rappresentante di questo popolo”.

“Nessuno" ha proseguito il direttore del DSS, "si aspettava che il virus arrivasse tanto in fretta in Ticino, ma già in gennaio gli esperti ticinesi hanno cominciato a confrontarsi e ad occuparsene. Questa fase preparatoria si è rivelata di fondamentale importanza quando la crisi è esplosa a fine febbraio. La macchina era pronta quando sono arrivati i primi casi, anche se siamo stati confrontati con un virus sconosciuto. Tutti i malati Covid hanno ricevuto le cure di cui avevano bisogno”.

“Anche nelle case per anziani" ha puntualizzato il ministro del PPD, "sono state fornite le cure migliori possibili agli ammalati. Purtroppo però stiamo parlando dei più fragili tra i fragili. Per questo circa il 45% dei decessi che abbiamo avuto in Ticino sono avvenuti in queste strutture. Il tasso di mortalità nelle case per anziani è simile in tutta Europa e più basso rispetto ad altri Cantoni. Non si tratta di dati che consolano, ma di fatti che definiscono le circostanze.

infine, un invito a non abbassare la guardia: “Non sacrifichiamo sulla griglia di qualche costinata quanto abbiamo imparato in queste settimane”.

Vitta: “Determinanti le finestre di crisi”

Particolarmente sentito l’intervento di Christian Vitta, colui che è stato Direttore del Governo nelle ore più difficili: “La settimana del 23 marzo è stata la più difficile. Il Consiglio Federale non voleva infatti riconoscere la particolarità della situazione ticinese. Poi il 27 marzo Berna ha modificato l’ordinanza, concedendoci le famose finestre di crisi. Queste finestre di crisi, secondo l’opinione degli esperti, sono state determinanti per superare la fase acuta della crisi. Le abbiamo ottenute grazie all’azione unita di Governo, Gran Consiglio, Deputazione ticinese alle Camere e cittadini. Abbiamo potuto presentare alla Confederazione le nostre richieste con forza e determinazione”.

"L’emergenza Covid avrà delle conseguenze pesanti sulle nostre finanze cantonale. Ad oggi è difficile prevedere l’impatto che avrà sulla nostra economia. Ora, dopo gli interventi urgenti, bisogna soprattutto lavorare a misure strutturali per far uscire in tempi rapidi il nostro Paese da questa crisi", ha aggiunto. 

Bertoli: “La vera sfida per le scuole è per settembre"

Infine, Manuele Bertoli, che ha esordito con un accenno alle recenti polemiche legate alla riapertura delle scuole: “Noi abbiamo un sistema formativo funzionante e operativo. E solo in caso di forza maggiore questo sistema si ferma. E quando la forza maggiore non sussiste più, si ricomincia. Questo è il principio dal quale bisogna partire”.

Il direttore del DECS ha ripercorso i giorni caldi che portarono alla chiusura delle scuole: “Noi la settimana del 9 marzo volevamo chiudere ma Berna non era d’accordo. La Svizzera aveva infatti concordato questa linea con i Paesi confinanti, tranne all’Italia. Ci si chiede quindi di sentire Daniele Koch. Discussione molto lunga in Governo che porta alla decisione di chiudere solo le scuole superiori. Poi Berset ci ha chiamato per dirci che la Francia e la Germania avevano cambiato idea e che avrebbero chiuso da lì a poco. Noi il giorno dopo decidiamo di chiudere”.

“Il sistema" ha concluso Bertoli, "oggi è soddisfacente. Ma la vera sfida è su settembre. Per allora abbiamo tre possibilità: la scuola ordinaria, la scuola ibrida se ce ne sarà bisogno ed eventualmente una scuola a distanza che speriamo proprio di non dover riattivare. Ci stiamo lavorando già adesso. Spero che nei prossimi mesi si possa evitare questo confronto pubblico che alcuni hanno voluto cercare. Confido che questo avvenga”.

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