POLITICA
Per Caprara è un tentativo di delegittimare il Consiglio della Magistratura. Ma Ferrara non ci sta: "Voterò solo dopo aver visto le carte"
La candidata alla presidenza liberale è in disaccordo con l'attuale presidente. "Un modo di fare italico, con protagonismi giudiziari, esposizione mediatica, invasioni di campo, lentezza, ha già pregiddicato il prestigio della giustizia"

LUGANO - Sul caos giustizia avevano fatto discutere nelle scorse ore le parole di Bixio Caprara. Il presidente uscente del PLR, durante il Comitato cantonale, aveva bollato le polemiche delle ultime settimane come “un tentativo di delegittimare chi ha avuto il coraggio di dire le cose come stanno”. Ovvero il Consiglio della Magistratura che, con i suoi preavvisi, aveva “brutalmente” bocciato cinque procuratori.

“Mi auguro - ha aggiunto Caprara - che in questo Paese ognuno torni a fare meglio il proprio lavoro e soprattutto il proprio dovere. Il Consiglio della magistratura è l’organo proposto per valutare il lavoro dei procuratori, il cui mandato scade ogni 10 anni senza alcun obbligo di rinnovo. (…)Gli elementi di giudizio non sono né interviste, né SMS, né messaggi WhatsApp, né affrettati giudizi espressi durante trasmissioni televisive. Esprimo la massima fiducia alla Commissione e mi auguro possa svolgere il proprio lavoro in santa pace, senza pressioni fin troppo evidenti da parte di chi, grazie a fughe di notizie tutt’altro che disinteressate, vuole delegittimare chi ha avuto il coraggio di dire le cose come stanno”.

Alle parole del presidente uscente ha risposto oggi con un articolo sulla Regione una delle candidate alla successione: Natalia Ferrara. La deputata prende decisamente le distanze dalle affermazioni di Caprara, allineandosi piuttosto ai giudizi espressi da importanti uomini di legge liberali, come Luciano Giudici e Mario Postizzi, che non hanno lesinato critiche su quanto sta avvenendo all’interno della giustizia ticinese.

“In questi giorni - scrive Natalia Ferrara - l’agire del Consiglio della Magistratura non manca di far discutere e la stessa giustizia penale ticinese offre a tutti noi un’immagine poco edificante. (…). Oltre a un immediato recupero di serietà e sobrietà di comportamenti individuali, vi è un bisogno urgente di rinnovamento sia delle strutture sia delle modalità di funzionamento (soprattutto, ma non solo, del Ministero pubblico). Da troppo tempo aspettiamo riforme sempre promesse ma mai realizzate, e lo si può e deve dire senza infingimenti soprattutto all’indirizzo del Dipartimento delle Istituzioni e del suo responsabile politico. Il che è ancora più grave siccome in Ticino, negli ultimi anni, sempre più ci si è avvicinati a una modalità italica, dove l’alleanza malsana tra protagonismi giudiziari, eccessiva esposizione mediatica delle procedure, invasioni di campo e lentezza dei procedimenti, ha già, purtroppo, pregiudicato il prestigio della giustizia”.

“Ognuno di noi - prosegue la candidata alla presidenza - dovrebbe riflettere su quanto sta accadendo e chiedersi che cosa vuol dire avere a cuore le istituzioni. Per me è chiaro: difendere lo Stato di diritto di ispirazione liberale, dove contano i fatti, non le dicerie, le analisi serie e non le simpatie. La politica è tenuta a cambiare passo, cominciando dall’elezione di venti procuratori pubblici e un procuratore generale per i prossimi dieci anni. Personalmente, esprimerò il mio voto solo dopo aver visto atti, carte, risultanze. Sceglierò, in scienza e coscienza, e così mi auguro farà ogni deputato e ogni deputata, senza condizionamenti esterni”. Quelle carte che finora il Consiglio della magistratura non ha voluto mettere a disposizione né della Commissione giustizia né dei cinque procuratori bocciati”.

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