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Sanità
26.09.2019 - 11:330

Sonniferi e tranquillanti per reggere allo stress, perdita del sonno, ansia, depressione: quando lavorare nel sanitario fa ammalare

VPOD, assieme al Laboratorio di psicopatologia del lavoro, ha presentato un quadro allarmante di come viene vissuto il lavoro da chi opera nel socio-sanitario. Presentate in una risoluzione 11 misure per migliorare il clima di lavoro

RIVERA – Così non si può andare avanti, urla a gran voce il sindacato VPOD, riferendosi al settore socio-sanitario. Una serata con Liala Cattaneo del Laboratorio di psicopatologia del lavoro ha permesso infatti di evidenziare numerose e preoccupanti problematiche ed ha poi portato a una risoluzione da trasmettere al capo del Dipartimento sanità e socialità, al Gran Consiglio e agli enti sociosanitari.

“Se qualche anno fa la sofferenza psichica toccava in prevalenza le persone alla ricerca di un impiego, in situazione di precarietà, malattia o dipendenza, ora essa tocca pure in modo importante chi ha un lavoro: siamo di fronte ad un fenomeno di “destabilizzazione degli stabili” e di “aumento della paura di perdere il posto di lavoro”. Crescono quindi le vittime di stress, burnout, conflitti sul posto di lavoro, molestie: con conseguenti disturbi psicosomatici (disturbi e malattie), emozionali (che vanno dalla perdita del sonno, passando dall’ansia fino alla depressione) e comportamentali (dai disturbi dell’alimentazione all’abuso di sostanze: oltre il 20% dei lavoratori che si rivolgono al Laboratorio di psicopatologia usa quotidianamente sonniferi e tranquillanti). Le cause puntuali del disagio di chi si rivolge al Laboratorio sono la gestione autoritaria e unidimensionale delle strutture, i ritmi di lavoro elevati, l’impiego inadeguato del personale, le carenze a livello di comunicazione e informazione, la scarsa autonomia lasciata ai dipendenti, lo scarso riconoscimento per il lavoro svolto dai dipendenti, l’assenza di considerazione della vita privata del dipendente,concorrenza/rivalità/lotte di potere sul posto di lavoro, l’esistenza di dinamiche di gruppo malsane, la mancanza di supporto al dipendente che soffre”, si legge nella nota di VPOD: insomma, i problemi non riguardano più solo chi non ha un lavoro, bensì anche chi ce l’ha. Un quadro desolante.

Le cause? Secondo il sindacato, “il finanziamento forfettario delle prestazioni, il fatto che i contratti di prestazione tra Stato ed enti sociosanitari permettano a questi ultimi di fare utili (ad es. risparmiando sulle sostituzioni di personale, abusando dei contratti su chiamata, utilizzando figure professionali meno qualificate e quindi meno remunerate) e infine la pressione sui costi sanitari operata dalle casse malati e in generale dalla politica”.

Le proposte si articolano in 11 misure, che vanno da quelle contrattuali a quelle cantonali e istituzionali.

"1. La sottoscrizione di contratti collettivi di lavoro (CCL)da parte dei tutti gli enti sociosanitari di diritto privato e la dichiarazione di obbligatorietà dei contratti collettivi di lavoro del settore sociosanitario, che deve essere chiesta dai datori di lavoro e dai sindacati congiuntamente (procedura che sino ad oggi non si è riuscito a portare a termine).

2. La generalizzazione di commissioni del personale forti, riconosciute seriamente da parte di tutti gli enti sociosanitari (pubblici e privati) e da parte dello Stato nel loro ruolo autonomo, critico e propositivo.

3. L’applicazione del diritto per i rappresentanti sindacali di accedere ai posti di lavoro, come sancito dal Tribunale federale su richiesta del Sindacato VPOD Ticino, per raccogliere i problemi e per affrontarli, unitamente alle commissioni del personale, in uno spirito di partenariato sociale con i datori di lavoro sociosanitari.

4. Il rafforzamento delle risorse del Laboratorio di psicopatologia del lavoro e dell’Ispettorato del lavoro per effettuare analisi e controlli a tutela della salute dei dipendenti del settore sociosanitario.

5. La trasmissione dei risultati dei controlli dell’Ispettorato del lavoro alle commissioni del personale e ai sindacati.

6. L’organizzazione da parte dello Stato di indagini indipendenti ed esaustive sul clima di lavoro nelle strutture sociosanitarie, che prevedano la pubblicazione dei risultati (i risultati non devono rimanere nei cassetti degli istituti sociosanitari come avviene oggi).

7. L’obbligo per le strutture sociosanitarie di dotarsi di personale qualificato sufficiente e di sostituire tempestivamente le assenze per garantire la qualità delle cure e dell’assistenza, oltre che un lavoro con carichi normali.

8. La limitazione a situazioni eccezionali del lavoro su chiamata e precario, come pure delle esternalizzazioni (pulizie, ecc.).

9. La lotta al lavoro gratuito fatto da stagiaires e praticanti sfruttati.

10. La tolleranza zero per lo stile di gestione autoritario e verticistico: lo Stato deve sospendere i sussidi agli enti con gestioni autoritarie e verticistiche fino al ripristino della normalità.

11. L’indennizzo e il ricollocamento del personale degli enti sociosanitari che denuncia situazioni di clima di lavoro negativo e che viene ingiustamente licenziato".

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