SORENGO – Giovedì 4 marzo ricorre la giornata mondiale dell’obesità, per sensibilizzare e riflettere su quella che è divenuta ormai un’emergenza mondiale. In Svizzera, l’obesità colpisce circa il 15% della popolazione e quasi il 20% degli uomini di 60 anni. Il 50% degli over 65 è in sovrappeso, ma particolare allarme destano i dati sui bambini in età scolare: nella scuola materna e nel primo anno delle elementari i fanciulli in sovrappeso sono il 12,4%, nella scuola media la quota raddoppia e raggiunge il 24,8%. Se si pensa che negli Stati Uniti l’obesità interessa oggi un terzo della popolazione, è evidente che aver problemi di peso sta diventando la nuova “normalità”. Non a caso, l’Associazione Americana di Medicina nel 2013 ha definito l’obesità una patologia a tutti gli effetti. Un’alimentazione sana e una regolare attività fisica purtroppo non sempre sono sufficienti; il problema, in realtà, è complesso e multifattoriale: genetico, sociale e ambientale.
Eppure, perdere peso - e, soprattutto, mantenere un peso corretto - può essere per molti un’ardua impresa, perché richiede un impegno e una costanza assoluti nel modificare totalmente delle abitudini radicate, e un’adesione permanente a tali cambiamenti. Ecco perché la chirurgia, nei pazienti con un BMI superiore a 35 e che ripettano certi criteri, è l’unico trattamento che garantisce una perdita ponderale corretta, e soprattutto il suo mantenimento nel tempo; inducendo dei cambiamenti definitivi nell’organismo, permette al paziente di aderire molto più facilmente al trattamento di quella che rimane una grave malattia cronica.
Con il dottor Francesco Volonté, direttore Medico della Clinica Sant’Anna di Sorengo, medico aggiunto e responsabile del Centro di Chirurgia dell'Obesità all’EOC, abbiamo approfondito il tema, cercando di capire meglio questo tipo di trattamento, quali sono i benefici concreti e quando è opportuno, se non necessario, ricorrere alla chirurgia.
Che cos’è la chirurgia bariatrica e che scopo ha?
“La chirurgia bariatrica, o dell’obesità, è un tipo di chirurgia che agisce sul corpo umano modificandone l’anatomia, permettendogli di perdere peso in modo certo e duraturo. Ad oggi è l’unica tecnica che garantisce che la perdita sia permanente. Il tasso di successo di questo intervento è del 95%, se coadiuvato da una presa a carico multidisciplinare e dall’adozione di uno stile di vita adeguato. I canoni di presa a carico del paziente obeso prevedevano un maximal medical treatment, per cui questi pazienti con sindrome metabolica erano trattati prevalentemente in modo medico: farmaci antidiabetici e anticolesterolo, regime alimentare ipercontrollato, attività fisica... Tutto ciò funziona, fintanto che il trattamento prosegue; il paziente perde 10,15, anche 20 chili, ma come interrompe le cure recupera tutto il peso perso, e anche qualcosa in più (il famoso “effetto yoyo”). La chirurgia, invece, impone all’organismo dei cambiamenti permanenti, resettandone il metabolismo e dunque fissando un nuovo peso ottimale. Questo induce il corpo stesso ad adattarsi alle nuove impostazioni in modo naturale, seguendo uno stile di vita sano e corretto. A tal proposito, il paziente viene seguito da un dietista e da uno psicologo, prima e dopo l’intervento, per escludere che disturbi del comportamento alimentare possano riprendere il sopravvento dopo l’operazione. L’intervento, va ricordato, non è una bacchetta magica, ma il primo step verso un cambiamento importante. Proprio perché l’obesità è una malattia cronica multifattoriale, per sconfiggerla occorre modificare radicalmente dei comportamenti e degli stili di vita nocivi”.
In che cosa consiste concretamente l’intervento?
“I tipi d’intervento proponibili sono diversi, scelti in funzione delle caratteristiche individuali del paziente. Il più diffuso, fino a qualche anno fa, era l’anello gastrico, per cui si andava a “strozzare” la parte alta dello stomaco creando tramite un passaggio a clessidra una sorta di stomaco virtuale; in questo modo lo stomaco si dilatava precocemente impedendo all’individuo di mangiare troppo. Oggi questo tipo d’intervento è obsoleto, in quanto comporta l’introduzione di un corpo estraneo nell’organismo e un benessere alimentare alquanto scarso. Negli ultimi anni si sono sviluppate diverse tecniche alternative. In Svizzera le più ricorrenti sono il by-pass gastrico e la gastrectomia lineare verticale (la c.d. “sleeve”, o riduzione dello stomaco). Più raramente, in casi particolarmente gravi, si opta per lo switch duodenale, ma si tratta di un intervento più invasivo, per pazienti con un indice di massa corporea superiore al 50, vale a dire circa 150 chili per 170 centimetri di altezza".
Quando la via chirurgica è indicata e quando invece non è consigliabile?
“Va detto che, pur essendo una soluzione ottimale, la chirurgia non è indicata per tutti i pazienti obesi. Soprattutto, non può essere richiesta per motivi puramente estetici. L’indicazione ai diversi tipi di chirurgia nella presa a carico dell’obesità è definita solo dopo un’attenta valutazione clinica, che considera sia i fattori somatici che quelli psico-sociali e comportamentali. Il successo dell’intervento in termini di perdita di peso può essere infatti assicurato solo tramite una precisa analisi del profilo del paziente e soprattutto da una presa a carico post-operatoria a lungo termine, tesa a correggere i comportamenti, non solo alimentari, che hanno portato all’insorgere dell’obesità e delle sue eventuali complicazioni somatiche e metaboliche. Il criterio principale per accedere alla chirurgia bariatrica è il BMI, o indice di massa corporea, rapporto tra peso e altezza. L'indicazione ad un intervento chirurgico è ritenuta idonea a partire da un BMI superiore a 35 (che indica un’obesità di classe 2, quindi patologica, correlata a sindrome metabolica). In questo caso si consiglia al paziente il percorso che lo porterà verso la chirurgia, e che prevede una serie di consultazioni specialistiche necessarie per individuare eventuali controindicazioni alla realizzazione dell'intervento. Non è invece consigliata in caso di pazienti giovani, con un BMI attorno a 30, quindi in principio di obesità non patologica. In questo caso i benefici sono inferiori rispetto ai rischi operatori, o alle carenze vitaminiche indotte, ad esempio, da un by-pass. La chirurgia si è per contro rivelata efficace in un’ottica di prevenzione contro patologie correlate (diabete, ipertensione, colesterolo etc.). Studi recenti hanno dimostrato che chi subisce questo tipo di intervento, per i successivi 10 anni non fa uso di farmaci, e anche l’incidenza di tumori è direttamente correlata all’acquisto e perdita di peso. Una persona giovane, di 20-25 anni, senza altre patologie oltre all’obesità, oggi è considerata sana; se si decide di operarla lo si fa in prospettiva futura, perché vent’anni dopo con tutta probabilità non avrà sviluppato patologie correlate all’obesità”.
Quanti pazienti vi si sottopongono ogni anno, di quale età e condizioni cliniche?
“In Ticino si effettuano circa 160 interventi all’anno. A dimostrazione che l’obesità è un problema concreto. Eppure, solo l’1% dei pazienti che beneficerebbero di questo trattamento vi ricorrono. L’età dei pazienti va dai 20 ai 65-70 anni, la media è sui 50. Ci sono pazienti in età avanzata cui l’intervento serve a prolungare l’aspettativa di vita, sconfiggendo malattie correlate, ma ci sono anche molti giovani per cui l’obesità è un meccanismo di difesa da disagi familiari, sociali, relazionali che non riescono a superare. In questi casi si opta per interventi tipo la sleeve, meno aggressivo e con meno effetti collaterali. Numerosi sono anche gli obesi in salute, che mangiano per piacere, e che, a parte problemi articolari non hanno comorbidità, quindi non richiedono trattamenti specifici!".
Il Covid può costituire un fattore di rischio o una controindicazione?
“In quest’ultimo anno abbiamo imparato che l’obesità è un notevole fattore di rischio se si contrae il Covid. Peraltro, contrarre il Covid è rischioso in ogni tipo di intervento, perché può peggiorare qualsiasi decorso post-operatorio. Perciò, se dai test di screening in entrata un paziente manifesta anche solo i sintomi del Covid, essendo un intervento elettivo, si preferisce rimandare in attesa di indagini approfondite”.
Come avete gestito (e state gestendo) gli interventi durante la pandemia?
“Durante la prima ondata avevamo completamente sospeso la chirurgia della obesità; non conoscevamo il virus, i reparti erano saturi, effettuavamo soltanto gli interventi d’urgenza. Nella seconda ondata abbiamo ripreso il più possibile, operando pazienti non gravi e non troppo anziani, o con poche comorbidità. Ovviamente, con opportuni screening, perché abbiamo potuto constatare che tra i morti per Covid vi erano numerosi pazienti obesi, il che ci ha suggerito di prestare particolare attenzione. Per adesso il programma procede in modo normale; se ci sarà una terza ondata valuteremo come comportarci, per il momento dobbiamo navigare a vista”.