di Samuele Vorpe *
Il nuovo accordo sui frontalieri non modificherà la situazione fiscale di quelli attuali. L’Accordo sulla fiscalità dei frontalieri del 1974 verrà presto sostituito da un nuovo accordo, la cui entrata in vigore prevista per il 1° gennaio 2023 potrebbe slittare di un anno se il Parlamento italiano, da poco insediatosi, non riuscirà ad approvarlo nei tempi tecnici stabiliti.
Dal lato svizzero, per contro, entrambe le Camere federali hanno già da tempo approvato il nuovo trattato. Nel breve e medio termine, il nuovo accordo non porterà dei cambiamenti. Infatti, la norma transitoria, di cui all’art. 9, consente ai lavoratori frontalieri, che hanno lavorato per un datore di lavoro svizzero tra il 31 dicembre 2018 e l’entrata in vigore dell’accordo, di continuare ad essere tassati sul reddito del lavoro soltanto in Svizzera, senza obbligo di dichiarazione in Italia. Questa disposizione si applicherà fintantoché questi frontalieri resteranno attivi nel mercato del lavoro ticinese, grigionese e vallesano. Dal canto loro, i Cantoni interessati dovranno rifondere ai Comuni di frontiera il 40% delle imposte incassate e, questo, fino alla fine del 2033. Dopo tale data i ristorni non saranno più dovuti.
I nuovi frontalieri, ossia coloro che verranno assunti da un datore di lavoro ticinese, grigionese o vallesano dopo l’entrata in vigore dell’accordo, saranno invece assoggettati ad imposizione nella misura dell’80% e dovranno poi dichiarare il reddito del lavoro in Italia, che a sua volta dovrà concedere un credito d’imposta per le imposte pagate in Svizzera. Questo nuovo scenario rende senz’altro meno interessante, almeno da un profilo fiscale, lavorare in Svizzera. Infatti, dovendo dichiarare il reddito del lavoro in Italia, Paese che conosce aliquote d’imposta estremamente elevate rispetto alla Svizzera già a partire dai redditi medio-bassi, si andrà a ridurre il vantaggio dato dal versamento parziale delle imposte in Svizzera.
In Italia, infatti, oltre 50.000 euro di reddito si applica un’aliquota marginale del 43%, mentre in Svizzera l’aliquota, se pensiamo ad un reddito di 100.000 franchi per una persona sola, è pari al 15%. È evidente, quindi, il vantaggio fiscale di non versare le imposte sul reddito in Italia, che continuerà a sussistere per i frontalieri attivi sul mercato del lavoro svizzero prima dell’entrata in vigore.
Il nuovo accordo fornisce poi (finalmente) una definizione di lavoratore frontaliero. Deve intendersi come colui che rientra quotidianamente al proprio domicilio, situato al massimo a 20 km dal confine italo-svizzero. Infine, l’attività professionale deve essere svolta nell’area di frontiera dell’altro Stato (in Svizzera: Grigioni, Ticino e nVallese). È comunque possibile restare al massimo 45 giorni nello Stato dell’occupazione senza dover tornare quotidianamente al domicilio. Ne consegue che il telelavoro non è contemplato dall’accordo, che al contrario richiederebbe la previsione di permanere nello Stato di residenza.
Ad ogni modo, sulla base dell’accordo amichevole tra i due Stati pattuito durante l’emergenza Covid-19 nel mese di giugno del 2020, tuttora in vigore, viene ammesso il telelavoro senza che si perda lo statuto di frontaliere ai sensi dell’accordo. Terminata l’emergenza Covid-19, l’accordo amichevole verrà abrogato. Ad oggi, resterà sicuramente in vigore sino alla fine dell’anno.
In conclusione, si può affermare che il nuovo accordo sui frontalieri non modificherà la fiscalità delle persone già attive sul mercato del lavoro, mentre avrà un effetto, anche se limitato soltanto alle nuove assunzioni, per i nuovi frontalieri che dovranno, senza se e senza ma, versare le imposte sul proprio reddito da frontaliere, anche in Italia.
* prof. Dr. iur., responsabile del Centro competenze tributarie della SUPSI of counsel at COLLEGAL Studio legale e notarile Attorneys at law
(Articolo apparso su INFOpmi Gold Edition 2022)