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12.07.2022 - 11:430

Brenno Martignoni: Federico García Lorca, poeta fresco e primordiale, puro di cuore. Vittima del totalitarismo

Inviso al regime franchista, che dapprima bandisce le sue opere e infine lo fa assassinare. Il corpo mai ritrovato, l’indignazione degli intellettuali di tutto il mondo per questo omicidio di stato. Sullo sfondo, la guerra civile spagnola.

di Brenno Martignoni Polti

 

“In Spagna, i morti sono più vivi che i morti di qualsiasi altro paese del mondo.” Federico García Lorca. A dirlo. Taumaturgico. È l’alba di mercoledì 19 agosto 1936. A Víznar. Presso Granada. Spari. In strada. Il corpo. Mai più ritrovato. Un destino di molti. Nella guerra civile spagnola. Squadroni senza scrupoli. Argutamente evocati da Pedro Almodóvar. Nel suo recente film. “Madres paralelas”. Fosse comuni. “Desaparesidos” e loro memoria. Vittime del totalitarismo. La brutale esecuzione di Federico García Lorca, a 38 anni, suscita immediata riprovazione mondiale. Molti, infatti, gli intellettuali a fare cerchio attorno all’assassinio di Stato. Fra questi, pure l’amico Pablo Neruda. Rinvenuto nel 2015, uno scritto della polizia franchista del 9 luglio 1965. A giustificazione dell’atto sommario. “Massone appartenente alla loggia Alhambra. Praticava omosessualità e altre aberrazioni". Il mancato ricupero delle spoglie, lascia inquietanti ombre sul violento epilogo. Ad oggi, tutt’altro che dissipate. Nel 2009, l’impiego del georadar. A Fuentegrande de Alfacar, effettivamente, individuato un sito con sei corpi. Il 29 ottobre 2009, sotto l’egida del governo dell’Andalusia, il via agli scavi. Un’area di duecento metri quadrati.  Scandagliata per due mesi. Nel 2011, però, l’interruzione forzata per mancanza di fondi. Con decreto 19 settembre 2012, il Tribunale di Granada archivia il fascicolo di esumazione. Così. Non è più dato di sapere quello che veramente accadde. Di certo c’è che il regime franchista perpetuò bieca persecuzione. Mettendo al bando le sue opere. Soltanto con la morte di Franco, nel 1975, Lorca ha potuto finalmente e giustamente tornare alla luce. Nel suo proprio Paese. Eccezion fatta per i  “Sonetos del amor oscuro”. Poemi emozionali-romantici di sensibilità verso affetti maschili. Scritti nel novembre 1935. Recitati unicamente in cerchie ristrette. Addirittura, dovranno attendere fino al 1983, per essere pubblicati. Dolci le parole della madre sulle precocità del piccolo Federico. “Canticchiava le canzoni popolari ancor prima di saper parlare e si entusiasmava sentendo suonare una chitarra”. Aveva visto giusto. Un talento passionale e sanguigno. Nel 1922, lo porterà a organizzare, con il musicista granadino Manuel de Falla, la prima “Fiesta del Cante jondo”. Uno sguardo partecipe e attento verso le culture ancestrali degli indigenti. In una società di troppo accesi contrasti tra poveri e ricchi, emarginati e classi dominanti. Con simpatia all’universo dei gitani. Tra le personalità con cui intrecciò amicizia e progettò arte, i surrealisti Luis Buñuel e Salvador Dalì. Oggi, la memoria di García Lorca viene solennemente celebrata a Madrid da una scultura in Plaza de Santa Ana. Una presenza in mezzo alla gente. Lì. Nel suo stile. Da ideatore, regista e animatore di piccolo gruppo teatrale. Quale era. Per portare in giro, in città e campagne, messaggi di sensibilità sociale. Il poeta era solito leggere, interpretare i suoi versi e i suoi lavori. Di persona. Prima ancora di raccoglierli, sistemarli e dargli stampa. “Verde que te quiero verde, verde viento, verdes ramas. El barco sobre la mar y el caballo en la montaña.” “Verde ti voglio proprio verde. Verde vento. Verdi rami. La barca sul mare e il cavallo sulla montagna.” Di getto. Fresco e primordiale. Puro. Di cuore.

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